Dieci, cento, mille Antigone: il 25 novembre contro la violenza, per le donne

GiusyEd uomo adesso più non sarei, ma questa uomo sarebbe, se non avesse pena, anzi trionfo.”
(Sofocle, Antigone)
Nell’indiscutibile attualità di molti personaggi che la tragedia classica ci ha lasciato, pochi sconvolgono quanto la tragedia e il personaggio di Antigone, per la violenta verità che i versi sopra citati affermano oggi, dopo migliaia di anni.
La terribile, ma semplice, verità di Antigone non è racchiusa, ora, nello scontro tra legge naturale e legge umana, tra stato e cittadino. Non acquista senso nella ribellione e nell’amore verso la famiglia. È descritta da un verso, dalla convinzione di un uomo di duemila anni fa, e di uomini di oggi, che la donna sia donna e tale debba rimanere. E che non può passare inosservato, se non addirittura impunito, il tentativo di questa donna di ieri, e delle donne di oggi, di agire, pensare e vivere come un uomo. Perché così è sempre stato e così deve essere. Perché Ismene, non Antigone, è donna, e Creonte è l’uomo.
Una riflessione così poco ottimista non vuole essere un modo per chiudere in modo semplice il discorso sul senso di una Giornata come quella del 25 novembre. Probabilmente, nasce dal bisogno di cercare lontano una risposta ad una società che, nella violenza, perde di senso, umanità, modernità. Ma se la catarsi teatrale bastava ai nostri antenati classici per accettare e superare la cruda verità della tragedia, a noi, oggi, l’unione e le belle parole di una Giornata nazionale non basta per chiuderci gli occhi di fronte alle storie delle mille Antigone che ogni giorno muoiono per mano di un Creonte che no, non accetta una sua pari.
116 sono le donne uccise nei primi dieci mesi del 2016: più del 92% degli omicidi sono avvenuti per mano di uomini. Tra questi, nel più del 60% dei casi si trattava di un marito, un compagno, un ex. Non più Creonte contro Antigone: oggi l’eroina potrebbe venire uccisa per mano di quello stesso fratello per cui si batte ogni giorno. Per colpa di un amore in cui crede, o non crede più: poco importa. Se ancora oggi, Antigone non può semplicemente vivere senza che un uomo abbia paura che lei diventi più forte, oggi non siamo una società civile, e secoli di classici non hanno cresciuto ed educato uomini. Se ancora oggi una donna non può porre fine ad una relazione, o deve accettare violenza all’interno di essa, se il suo lavoro deve necessariamente comportare discriminazioni, se semplicemente la sua vita deve rientrare in canoni definiti chissà quando da chissà chi, Antigone lo siamo ancora tutte, ogni giorno.
Quello che può cambiare oggi, è che Antigone non è da sola: associazioni e mobilitazioni che dal basso tentano di ottenere un sostegno dallo Stato si muovono e sanno stringere un cerchio attorno a chi chiedere aiuto. Non basta: finché vivremo in una società che legittima violenza di fronte a donne “troppo uomini”, a donne “che se la cercano”, Creonte vincerà ancora. E ci saranno altre cento Antigone.

di Giusy Patera

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