Verso il 25 novembre e la lista infinita della violenza alle donne

Tre anni di Codice rosso non hanno fatto altro che mettere in luce l’aumento di reati di violazione di allontanamento, del “revenge porn”, di stupri, abusi e omicidi nei confronti delle donne.

Ciò che sta accadendo alle donne dall’Ucraina all’Iran, accende i riflettori di questo 25 novembre, Giornata Internazionale per la lotta alla violenza di genere, lontano da casa nostra ma anche dentro la nostra casa, nel nostro paese la stessa violenza continua a mietere vittime.

Fossero soltanto quelle dei femminicidi: 92 dal primo gennaio a oggi, la metà dei quali compiuti da mariti, compagni, fidanzati, ex. Troppi.

Un troppo che deve essere bloccato e non solo arginato.

Si tratta solo della punta dell’iceberg, perché sotto, nell’abisso del silenzio e della paura, le donne che subiscono violenze sono un esercito impressionante di fantasmi. Ventimila ogni anno quelle che alla fine trovano il coraggio di denunciarle, di rivolgersi ad un centro antiviolenza, di chiedere aiuto. Almeno tre o quattro volte tante quelle che rinunciano a farlo.

Che si rassegnano, che hanno perso la voglia di lottare per paura di un’aggressività che torna più potente di prima, spesso ultimo atto di un sipario rosso che si chiude.

Cosa tocchi subire, a ognuna di queste donne maltrattate, è la cruda fotografia fornita dai dati diffusi in queste ore dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della Pubblica sicurezza, a partire da un bilancio sul Codice rosso entrato in vigore nell’agosto del 2019.

Ad esempio il più alto numero di violazioni negli ultimi tre anni, si è registrato sui provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Tanto per intenderci, oltre seimila volte un uomo autore di violenza e diffidato dalle autorità, ha aspettato la donna che diceva di amare fuori casa, davanti al lavoro, in alcuni casi si è intrufolato nell’androne di casa, si è arrampicato sul balcone.

Una persecuzione nella maggior parte dei casi spia di delitti ben più efferati: minacce, aggressioni, spesso omicidi. Viene in mente il volto di Alessandra Matteuzzi, a cui in queste ore Bologna ha dedicato una panchina rossa, uccisa a martellate proprio davanti a casa.

E ancora il revenge porn: 3.496 delitti in tre anni. Donne tradite nella loro intimità, messe alla gogna pubblica delle chat e del web, ricattate per fotografie e video il cui destinatario doveva, ingenuamente, essere soltanto il partner.

Dal caso di Tiziana Cantone, questo tipo di reato ha preso corpo, quei video diffusi contro la sua volontà, e che la portarono alla morte tornano ancora a circolare, e ancora, nonostante le autorità li cancellino dalla Rete.

E poi ancora le violenze sessuali in allarmante aumento, i matrimoni forzati, gli sfregi e le deturpazioni.

Diventa necessario combattere le nuove forme di oppressione e dominio sulle donne che nel nostro tempo si stanno sempre più affermando, superare le ingiustizie e fare in modo che aumentino le denunce. Le donne devono sapere che non sono sole, che la società le sostiene e che è in grado di fornire vero aiuto. Occorre finanziare case e centri rifugio, migliorare pratiche e protocolli burocratici nei tribunali, attuare la legge 53 del 2022 sulla raccolta di dati statistici, che ancora necessita di decreti attuativi.

Crediamo tutti che la grande sfida sia quella di proteggere le vittime, che vanno aiutate nel difficile percorso della denuncia, evitando la vittimizzazione secondaria.

Ma se il nodo della formazione, a tutti i livelli, è decisivo, a restare ancora scoperto è soprattutto quello della prevenzione.

Campagne di sensibilizzazione a spot e incontri nelle scuole non bastano a scardinare una cultura che fa ancora delle donne la parte “debole” della società, discriminate, sottovalutate, sottorappresentate e sottopagate persino. Anche in questo 25 novembre come in tutti i giorni di ogni anno.

Stefania Lastoria

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