Kobane Calling: reportage grafico sulla rivoluzione del Rojava

Barbara

Facce, parole e scarabocchi da Rebibbia al confine turco siriano” con Zerocalcare.

Chi ha detto che i fumetti non sono una cosa seria? “Kobane Caling”, l’ultimo lavoro del fumettista romano Zerocalcare, è un’occasione per ricredersi. L’opera riunisce i capitoli del settimanale Internazionale in un unico volume, edito da Bao Publishing lo scorso 12 aprile. Attraverso 260 pagine in bianco e nero, Zerocalcare traccia il suo viaggio personale nel Rojava, striscia di confine fra la Turchia e la Siria, illustrando nel verso senso della parola un mondo distante da noi 40 anni, ma che giorno dopo giorno, scandito dalla cronaca e dai bollettini di guerra, percepiamo sempre più vicino. Da Rebibbia, periferia nord-est di Roma, fino al fronte il fumettista, con semplicità ma mai in modo banale, sceglie i lettori come compagni di viaggio. Con loro condivide emozioni, una vagonata di Chai Tea e le testimonianze sugli orrori perpretati dall’ISIS. È un’Europa assopita, o falsamente inconsapevole, quella ritratta nelle tavole del suo reportage a vignette. Calcare racconta così un sistema eurocentrico che, se da un lato si schiera contro l’ISIS ed il terrorismo internazionale, dall’altro strizza l’occhio ad una Turchia che, sottobanco, spalleggia Daesh nella guerra ai curdi. Fra le pagine ci sono tante storie, di donne soprattutto, volti di una generazione segnata dalla guerra e battaglie da raccontare a quelle future. Sono storie che meritano di essere raccontate senza facili generalizzazioni, c’è infatti sempre un momento di commiato, un baloon o un “armadillo” (voce immaginaria della ragione) che porta il lettore coi piedi per terra, riappropriandolo di uno spirito critico verso una situazione storico-geografica unica, che merita un approfondimento in più e quell’obiettività che spesso e volentieri manca ai politici nostrani (Borghezio e Gasparri in primis, fra le comparsate nel fumetto). Calcare parte alla rotta di Kobane apparentemente senza una ragione precisa, sarà proprio la cruda realtà, i valori del popolo curdo e le tante contraddizioni che affronterà lungo il cammino, a svelargliele a fine percorso. Si parla quindi di un viaggio non solo in termini geografici, ma come crescita personale. Sfogliando le pagine evolve lo stesso spirito di solidarietà del protagonista, così come la consapevolezza che solo tramite l’onestà intellettuale è possibile raccontare la rivoluzione curda, i conflitti mediorientali e la storia in genere, onorando la memoria di chi quei conflitti li ha vissuti sulla propria pelle. Allo stesso modo, il lettore comprende l’impossibilità di cogliere le dinamiche che investono il popolo curdo, la Siria, l’Iraq e la Turchia, se non calandosi almeno in parte in quel clima, distante sì, ma che soffia verso le libertà occidentali, superandone le ipocrisie. Per ben due volte Zerocalcare va in Siria, prima sul confine turco-siriano, poi sulle montagne iraqene di Qandil. Sarà solo scontrandosi con i valori delle combattenti di Kobane, con l’integrità morale dei curdi e di chi ha vissuto quella guerra, che comprenderà il significato simbolico che il Rojava incarna per i civili e oltre i propri confini. Quando, in realtà, di confini si può parlare solo in termini fittizi, poiché il Kurdistan non è uno stato, ma una nazione, una comunità che vive la sua identità con il cuore. Ed è proprio il cuore che guiderà Calcare in Medioriente, ma che lo condurrà, senza pentimenti, nuovamente a casa. Perché se è vero che Kobane è un’emozione rivoluzionaria, “col cazzo che lascio la mia città”.

di Barbara Polidori

Print Friendly, PDF & Email