1962, come oggi?

Angelica Basile

Nel 1962 usciva nelle sale “Le massaggiatrici”, classica commedia all’italiana incentrata su una serie infinita di equivoci, legati principalmente ad una professione, quella appunto delle massaggiatrici, da sempre al centro dell’ironia maschile. Non a torto, certamente, visto che i massaggi “speciali” esistono da sempre e così sempre sarà.

Perché parlarne oggi? Perché l’opposizione tra le tre bellissime donzelle che per riuscire a saldare il mutuo (2 milioni di lire che oggi fanno sorridere) si guadagnano da vivere regalando ai clienti una notte d’amore, mascherata da un annuncio sul giornale che rimanda ad un trattamento estetico; e, dall’altra parte, la povera signora Bice, che per contribuire al bilancio familiare, i massaggi li fa davvero, non regala solamente un delizioso siparietto. Ma anche uno spaccato vicinissimo alla nostra (moderna?) realtà, grazie alla capacità senza tempo di indagare la società che solo il cinema possiede. Il ché non esclude però una piccola riflessione.

Come è cambiata la malizia in questi 50 anni? Dalle signorine buonasera, appena mandate in pensione, ai maxi cartelloni pubblicitari con fondoschiena in primo piano il salto c’è stato. Il mondo non è lo stesso di quello in cui l’Italia si tappava gli occhi (ma poi sbirciava) quando la Carrà mostrava l’ombelico in tv. E questo non si è riversato solo sulla pubblicità, la televisione e lo spettacolo, ma ci ha avvolto completamente. Ci ha inebriato e poi intontito. E rimaniamo oggi in una bolla d’assuefazione che non ci fa più scandalizzare davanti a nulla.

Sono tutti banali qualunquismi? Per rispondere alla domanda, fatevene prima un’altra. Qualche giorno fa in copertina su un rotocalco c’era Fabrizio Corona che casualmente (?) era stato beccato mentre amoreggiava con la giovanissima fidanzata in topless. In posa perfetta, sempre casualmente, i due davano sfogo ad una “passione d’estate” per dirla con il linguaggio del noto rotocalco, facendo sfoggio di abbronzatura, tatuaggi e, soprattutto, della loro pulsione sessuale talmente irrefrenabile da non poter essere contenuta neppure in spiaggia (e neppure davanti un obiettivo, aggiungiamo). Ora, non si vuole in questa sede fare un processo a Corona poiché ci penserà già la giustizia. Ma focalizzatevi per un secondo su quell’immagine: è simbolo di un Paese a cui non basta più guardare dallo spioncino della porta il proprio dirimpettaio (è esattamente questo che faceva la signora Bice ne “Le massaggiatrici”), ma ha bisogno di infiltrarsi nella vita (e nelle mutande) di personaggi pubblici (?). È il simbolo di un Paese che non sa resistere e allora giudica, sentenzia, ma poi si lascia affascinare. Ed ecco la domanda: voi guardando quell’immagine cosa avete provato? Non vi è venuta tanta nostalgia dell’ombelico della Carrà? E allora tutta questa storia partita da una commedia degli anni ’60 fino a Corona, è veramente un cesto di banali qualunquismi?

di Angelica Basile