Omeopatici ai terremotati: la discutibile scelta della Regione Marche
È bufera sulla donazione dell’Ospedale di Pitigliano, la comunità scientifica si ribella
Rimedi alternativi per i cittadini della provincia di Ascoli Piceno. È questa la decisione intrapresa dalla Regione Marche a pochi giorni dal terremoto che ha scosso il centro Italia. Una scelta che, se da un lato prende in considerazione le tendenze degli italiani sul tema “salute e benessere”, dall’altro però tralascia il criterio di emergenza nell’assistenza ai terremotati. Gli omeopatici rientrano fra i beni di prima necessità? L’argomento schiera la comunità medico-scientifica dai naturopati e sostenitori dell’approccio olistico. Non che l’utilizzo di uno dei due rimedi escluda l’altro, ma fra medicinali ed omeopatici intercorre una sostanziale differenza per quanto riguarda il principio attivo. Una differenza che concerne non solo la spesa sul portafoglio, ma soprattutto l’efficacia della cura. È vero, i rimedi omeopatici non sembrano riportare effetti negativi sulla salute dell’uomo, ma ciò non vuol dire che abbiano effetti positivi nella cura di una patologia, tanto più se progressiva. Non c’è prova scientifica di questo, e non è un caso caso che Piero Angela (lui che tutto può) sia stato assolto nel 2004 dall’accusa di diffamazione sul tema. E non perché ci sia una setta massonica alle spalle del Tribunale di Catania, non perché le multinazionali farmaceutiche diffondano uno scetticismo generalizzato sugli omeopatici, semplicemente perché non ci sono prove empiriche a riguardo. Eppure, da domenica 27 agosto la Regione Marche ha pensato bene di allestire un presidio per la diffusione di omeopatici ad Acquasanta Terme, centro della comunità montana del Tronto, situato a venti chilometri dal capoluogo e a meno di un quarto di ora d’auto da Pescara del Tronto. L’amministrazione ha comunque tenuto a precisare che la donazione non peserà sulla spesa pubblica, in quanto totalmente gratuita da parte dell’ospedale di Pitigliano. La dichiarazione non ha placato però l’opinione pubblica, calamitando numerose critiche. Rispetto all’allopatia (dal greco “allos”, diverso, e “patos”, sofferenza), cioè il termine con cui i consumatori di rimedi alternativi designano la medicina odierna, l’omeopatia prima di tutto si fonda su un principio di fede, sulla fiducia in un rimedio con un’efficacia non dimostrabile (il cosiddetto “effetto placebo”). Come sostenuto da Eddie Chaloner, chirurgo vascolare, “Le medicine omeopatiche sono basate su una pratica del diciottesimo secolo che consiste nel diluire particolari sostanze in acqua o alcool al punto in cui la soluzione è così debole da non contenere più alcuna traccia della sostanza originale. Gli omeopati credono che l’acqua preservi una ‘memoria’ delle sostanze curative e perciò abbia un effetto benefico. Per me, la parola chiave è ‘credono’ ”. Stando a ciò, credere che una malattia degenerativa, un’infezione o un disturbo post traumatico possano essere risolte con un omeopatico, è paragonabile al beneficio di un bicchiere d’acqua ad un assetato nel deserto: è una soluzione che circoscrive un problema molto più grande, che va trattato con adeguati accorgimenti. Secondo Omeoimprese, associazione che riunisce circa 22 aziende del settore, sarebbero all’incirca 11 milioni gli italiani che usano medicinali omeopatici, di cui tre milioni in modo abituale (un milione e mezzo almeno una volta la settimana). Un dato quindi che non va certamente ignorato, ma che va contestualizzato all’entità del problema da trattare, come nel caso della Regione Marche e dei terremotati. Il giro d’affari intorno all’omeopatia, seppur inferiore a quello farmaceutico, è comunque assai ragguardevole. Secondo una stima del libro «Acqua fresca? Tutto quel che bisogna sapere sull’omeopatia» in Italia i ricavi complessivi di settore si attestano tra i 250 e 400 milioni di euro, poca cosa se paragonati alla spesa farmaceutica nazionale, pari a 26,6 miliardi di euro. Ma se si paragonano i 400 milioni alla spesa per i farmaci tradizionali a carico dei cittadini e non rimborsabili, circa 8.161 milioni, si scopre che i farmaci omeopatici pesano per un non trascurabile 5% circa sul totale. In definitiva, l’utilizzo degli omeopatici è del tutto a discrezione del paziente, un’opzione contemplabile certo, ma l’informazione in materia sanitaria merita un approfondimento sia da parte del medico curante che dello stesso paziente. Se le preferenze in termini di prevenzione sono puramente soggettive, è obiettiva invece la ricerca sul tema omeopatia. E per chi rifugge dall’evidenza, basta cercare su RationalWiki, sito open source che si occupa di sfatare le pseudoscienze, la pagina “List of scientifically controlled double blind studies which have conclusively demonstrated the efficacy of homeopathy”. La risposta è inoppugnabile.
di Barbara Polidori