Gabriella Cinti, esilio e canto del respiro

Il respiro è l’origine stessa della poesia. Esso, infatti, è dentro la parola, il ritmo, la pausa, il silenzio. Un’origine sempre in atto, una madre che non si dimentica mai di metterci e di accompagnarci al mondo. E di metterci il mondo dentro. Per questo Gabriella Cinti dedica a questa madre oracolare la sua terza raccolta poetica “Madre del respiro” (Moretti&Vitali Editori, Bergamo 2017). Le precedenti opere sono “Suite per la parola” (Ancona 2008) “Euridice è Orfeo” (Torino 2016). Opere che riscontrano sempre più il riconoscimento di lettori e importanti premi letterari. Il tema dell’origine è poi il tessuto dello stesso canto raziocinante e pensiero poetante dell’autrice. Studiosa di letteratura, lingua e filosofia greca antica, Gabriella Cinti ha spinto la sua ricerca proprio nella zona più intima, logica e mitologica, di quel nodo di civiltà egea, mediterranea che noi ancora siamo. Lo siamo al punto che la Cinti sostiene che noi tutti siamo già pronti a riparlare nel futuro il greco antico, perché esso è inscritto dentro noi come un codice genetico originario, linguistico e respiratorio insieme. Lo sostiene componendo e “melodiando”, ritmando oralmente essa stessa versi di oggi, di domani in greco antico, accompagnata da un’ancella che la segue con passi e movenze di danza accanto. Versi, ritmi e melodie che scaturiscono dalla sua rigorosa ricerca sì accademica ma che riesce sensibilmente a penetrare nel sottosuolo, ossia là dove la pelle della poesia emotivamente tesse in un unico gesto canto e pensiero. Per avere una prova inconfutabile di questa sua prassi teorica basta leggere il saggio che ha scritto nel 2010 “Il canto di Saffo. Musicalità e pensiero mitico nei lirici greci”, sempre per i tipi di Moretti&Vitali. Uno dei saggi più importanti e insieme più belli che siano stati scritti su questo tema.

Un ritorno all’origine del linguaggio, del canto, del respiro segna anche l’esperienza e la ricerca di una grande pensatrice contemporanea. È la filosofa spagnola Maria Zambrano, la quale con la sua vita e il suo pensiero ha attraversato tutto lo scorso secolo, dall’inizio fino quasi alla sua fine, essendo nata nel 1904 e morta a Madrid nel 1991. Per la Zambrano, nello scorcio del V secolo a. C., Platone decreta la scissione tra filosofia e poesia, condannando quest’ultima a un esilio che non ha avuto ancora fine. E mettendo a tema la parola “esilio”, Zambrano sa bene di cosa parla. La sua stessa esistenza si è svolta prevalentemente nell’esilio, dovendo fuggire dalla Spagna con l’avvento del franchismo al potere. Così l’esilio della poesia, dal dominio della ragione filosofica prima e scientifica poi, prende le sembianze del suo stesso andare di paese in paese del centro e sud America, in Francia, in Italia, e ancora a Parigi.

Ecco, a me sembra che Gabriella Cinti, tornando alla lingua, ossia al logos originario e unitario di pensiero e poesia, con i lemmi e i ritmi propri di quell’idioma e senso, consegua di segnare la via del nostos, del ritorno dall’esilio, e lo faccia piantando un nuovo giardino poetico dove incontrarsi e riprendere il cammino dello scambio interrotto tra intelletto e canto.

Proprio di questa nuova possibilità d’incontro parla l’autrice, insieme a me e a un’altra poetessa, Letizia Leone, leggendo anche i versi di “Madre del respiro”, mercoledì 29 novembre 2017, alle ore 18, presso la storica Libreria Fahrenheit, a Campo de’ Fiori, Roma.

di Riccardo Tavani

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