L’intervento di Papa Francesco e l’abbandono del superfluo, del falso, del malizioso e del finto

Nonostante i suoi ottantuno anni, o forse proprio per essi, papa Francesco sta stringendo i tempi per la missione per cui è stato eletto.
Cioè di realizzare concretamente il dettato del Concilio Vaticano Secondo, di una Ecclesia che torna alle origini, al messaggio di amore di Gesù, all’incontro con tutte le donne e gli uomini di buona volontà della terra. Per esso risulta quindi necessaria una profonda, totale rifondazione dello strumento di potere esclusivo e prepotente che è stata , che è la Curia di Roma: perché diventi strumento di evangelizzazione e di servizio, e non altro, della Chiesa rinnovata.
A questo fu dedicato il discorso che al termine dello scorso anno il pontefice
Rivolse alla curia, indicando una dozzina di punti chiave della riforma. Il primo di essi, quello necessario per tutto il resto, era l’individualità, cioè la disponibilità, anzi, la conversione individuale di chi è parte della struttura.
Ma non sembra che la sua missione e il suo discorso abbiano rotto l’arrocco del potere curiale, come si è potuto capire anche dalla ventiduesima riunione del “Consiglio di (non dei) Cardinali”, che si è tenuta nei giorni 11-13 dicembre e che ha visto la presenza assidua di papa Francesco.
Dei lavori svolti si è avuto solo uno scarno comunicato del portavoce vaticano Burke (da non confondere con l’omonimo cardinale oppositore). Da esso si comprende come, ancora una volta, il Consiglio sia ben lontano dalle conclusioni, con buona pace del coordinatore card. Maradiaga che le aveva indicate, o forse solo auspicate, in arrivo.
Come troppo sovente nelle precedenti riunioni, anche in queste si sono svolte riflessioni sulla curia come strumento di evangelizzazione e di servizio per il Papa e le Chiese locali ed approfondimenti su questioni relative ai 4 dicasteri: del clero; dell’Evangelizzazione dei popoli; dell’Educazione cattolica e della Cultura.
Inoltre, buona parte dei lavori è stata dedicata a relazioni dei responsabili del Dicastero dei laici, famiglia e vita; della Segreteria per la Comunicazione e della Sezione migranti e rifugiati.
Riflessioni, approfondimenti, relazioni … Nel linguaggio di Burke, sono parole che hanno evidentemente il significato delle “franche e fraterne discussioni” del fu partito comunista. Cioè di divergenze profonde, di scontri duri.

Non si capirebbero, altrimenti, la forma e il contenuto del discorso che papa Francesco ha pronunciato quest’anno in occasione degli auguri natalizi della curia romana.
Ne ho trovato il testo ufficiale su “Avvenire” (non mi pare sia comparso su “l’Osservatore Romano”). Già nell’esordio l’atteggiamento è chiarissimo:
“Che questo Natale ci apra gli occhi per abbandonare il superfluo, il falso, il malizioso e il finto, e per vedere l’essenziale, il vero, il buono e l’autentico. Tanti auguri davvero!”
Francesco ha proseguito ricordando che lo scorso anno aveva dedicato “ad intra”, e cioè ai problemi interni dell’organizzazione vaticana. le sue indicazioni (ma anche la sua collera, credo opportuno aggiungere).
Quest’anno invece ha affrontato gli aspetti “ad extra” del lavoro curiale, che deve cambiare per essere non autoreferenziale, ma di “servizio al Papa e ai Vescovi, alla Chiesa universale, alle Chiese particolari” e al mondo intero.

Ma prima di segnare la strada su come svolgere il servizio, è intervenuto con durezza sulla conversione individuale di chi lavora negli uffici vaticani.
In essi, ha detto papa Bergoglio, “senza dimenticare la stragrande maggioranza di persone fedeli che vi lavorano con notevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione ed anche tanta santità”, è necessario superare un “cancro che porta all’autoreferenzialità” costituito, nonostante tutte le giustificazioni e le buone intenzioni, da una “squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie”.
Ma c’è un altro pericolo, ha detto Francesco, “quello dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa”: persone che erano stati scelte per dare maggior vigore alla riforma, che si sono lasciate corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e che, quando vengono delicatamente allontanate, si auto dichiarano erroneamente martiri del sistema. E di altre persone, che ancora operano nella Curia, alle quali nella pazienza della Chiesa si dà tutto il tempo per convertirsi e riprendere la giusta via.

Il superfluo, il falso, il malizioso, il finto … la squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie … i traditori di fiducia …
Se è questo l’ambiente della curia, non fanno meraviglia tante cose ..
Che la missione del Concilio Vaticano Secondo abbia stentato a diventare riferimento per il futuro.
Che Paolo VI° abbia vissuto con dolore il suo pontificato.
Che Giovanni Paolo I° sia morto di crepacuore.
Che Benedetto XVI° si sia dimesso per impossibilità di conciliare messaggio cristiano e potere curiale autoreferenziale.

Ma Francesco d’Argentina è diverso.
Ha la tempra di un figlio di migranti, che hanno superato la traversata degli oceani.
Ha il coraggio di Francesco d’Assisi che andò in Palestina a parlare con il sultano.
Ha lo spirito dei primi cristiani, dei quali dicevano: Guardate come si amano.
Ha la solidarietà per tutte le donne e gli uomini della terra.
Ha la giovinezza del futuro, nonostante gli ottantuno anni.
Buon compleanno, Francesco d’Argentina !!

di Carlo Faloci

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