L’accaparramento delle terre e le migrazioni. Il fenomeno del land grabbing

Che cosa fareste se un giorno, senza alcun preavviso, la vostra casa e il lavoro che vi permette di vivere vi venissero espropriati? Una situazione del genere suona assolutamente remota ai più, eppure è ciò che succede a milioni di persone. Tanto da diventare un fenomeno globale. Il termine usato è land grabbing, letteralmente accaparramento della terra, ovvero la vendita di terreni di grandi dimensioni senza il consenso delle comunità che in quei terreni vivono. Sulla carta si tratta di terre inutilizzate, ma in realtà le popolazioni locali ci abitano o le coltivano anche da generazioni.

I paesi maggiormente colpiti sono quelli più poveri, in particolare quelli dell’Africa subsahariana. Le terre vengono vendute ad aziende o direttamente ai governi esteri. Tra i maggiori protagonisti ci sono Giappone, Cina, Arabia Saudita e Corea del Sud. Secondo Oxfam, dal inizio della crisi finanziaria, il fenomeno del land grabbing è cresciuto del 1000%. Il legame con la crisi del 2008 non è una casualità, infatti, questa è stata una delle cause che, assieme ad altri fattori contingenti, ha fatto aumentare i prezzi delle merci agricole. Ciò ha colpito soprattutto i grandi importatori di materie prime. Altri, invece, cercano di accaparrarsi una fetta del mercato dei biodiesel, per cui la terra è un investimento essenziale.
Gli esempi non mancano. Dal Lago Ciad, dove l’Arabia Saudita userà i terreni per produrre riso, all’Etiopia dove quasi 1,5 milioni di persone hanno dovuto abbandonare i propri luoghi e molti vivono in campi profughi del Kenya o del Sudan del Sud. Dall’Africa occidentale a quella orientale, dal nord a sud. Perfino il sottoscritto, nella sua breve esperienza in Africa, ha assistito ad un caso simile. In Togo un intero villaggio è stato spostato perché il governo aveva venduto la terra alla Cina che la utilizzava per coltivare canna da zucchero.
Spesso si crea una tragica correlazione con la mancanza di cibo. Paesi come lo Zambia o la Tanzania in cui tanti soffrono la fame ma vendono i terreni ad imprese estere. A conferma del fatto che le carestie dipendono sempre e solo da cause politiche, ciò che afferma il premio Nobel Amartya Sen.

Il fenomeno riflette chiaramente la mancanza di considerazione della geografia e delle peculiarità locali. Spesso il land grabbing conduce alla produzione di monoculture che contribuiscono alla perdita di fertilità del suolo. Nell’Africa subsahariana dalle risorse naturali viene un quarto della ricchezza complessiva. La terra è una delle risorse più importanti e il suo impoverimento, accelerato anche dal cambiamento climatico, può avere effetti drammatici.
Occorre rafforzare e rendere sicuri i diritti di proprietà, che spesso in questi paesi si basano su rapporti informali. Quando non puoi più contare sulla terra che da sempre ha dato da mangiare alla tua famiglia e alla tua comunità, a volte emigrare è l’unica opzione rimasta. E non potrai neanche essere considerato un rifugiato politico, ma solo un migrante economico, come se fosse un insulto.
di Pierfrancesco Zinilli