A volte ritornano… Hitler, Mussolini e la nostra memoria a dura prova

Hitler e Mussolini redivivi che scorrazzano su un pulmino nelle loro rispettive nazioni per conoscerle nuovamente e, così, riconquistarle.

Questo in due film, uno realizzato l’anno scorso in Germania e l’altro, appena uscito in Italia, basati sul romanzo di Timur Vermes “Er ist wieder da (“Lui è tornato”), best-seller che solo tedesco ha venduto 2.300.000 copie per poi essere tradotto in 41 lingue.

Non era senza timore l’arrivo della visione della versione italiana uscita il 1 di febbraio, tanto ben riuscita era stata la pellicola tedesca. Riuscita nell’intento di svelarci la fragilità di un sistema di pensiero e di comunicazione che mira oggi alle pance più che al cervello e in un contesto sociale e culturale pericolosissimo e decisamente sensibile proprio alle suddette sollecitazioni “di pancia”.
Decisamente forte la paura,inoltre, che il medesimo racconto traslato in Italia potesse finire in una commedia con la macchietta “piaciona” del Duce che faceva fare due risate e, magari,anche qualche “bonario” pensierino nostalgico stante la perenne carenza dalle “nostre parti” di e “sana e robusta” Memoria storica.
Invece no. In una sala di un cinema qualunque, peraltro al primo giorno di uscita sorprendentemente affollato di giovani, Luca Miniero, il regista di “Sono tornato” con il suo film riesce a tenere perfettamente un equilibrio molto difficile. Quello sul filo sottile che separa il sorriso della vicenda inquietante di un Mussolini redivivo che arringa e affascina ancora ai giorni nostri, con la brutale sensazione da cazzotto nello stomaco dell’avvento di nuovi fascismi nelle nostre vite sempre che, addirittura, ne facciano già parte.

“Chi sono i buoni? Chi i cattivi?”, ci chiede il Duce riapparso dal nulla che passeggia fra selfie di turisti e saluti romani a lui indirizzati, ripresi con la telecamera nascosta. Gesti fatti al volo così, al passaggio di un qualunque Duce finto, da normalissimi italiani.

“Voi mi credete un attore… e io ve lo lascio credere”, racconta questo Duce riapparso dal nulla, nel film, fra gli applausi in una trasmissione tv che diventa la più seguita perché “lui” fa share. Share da inseguire, ovviamente, a qualunque costo perché se un Mussolini redivivo piace al pubblico, piace anche quello che dice, qualunque cosa dica.

Tutto questo mostrandoci un gioco fra finzione e realtà di cui tutti noi ci sentiamo sicuri di tenere saldamente le fila ma che, invece, tale non è se non ci sono cultura e, soprattutto, memoria a sostenerci nel farlo.

Finzione nella battuta che ci sbatte in faccia il redivivo Duce: “Eravate un popolo di analfabeti. Dopo ottant’anni torno, e vi ritrovo un popolo di analfabeti” e realtà in quella, invece, detta veramente da Mussolini e che vedremo campeggiare scritta anche in un fotogramma per cui il fascismo l’ha creato lui… ma l’ha tratto “dall’inconscio degli italiani”.

E nel film li vediamo anche gli italiani. Quelli come noi, “veri”, intervistati alla presenza di quel simulacro di “Duce”. Molti che ci mostrano un popolo arrabbiato, lontano ormai dal capire la politica, il senso delle Istituzioni e, drammaticamente, lontani anni luce da chi li dovrebbe, in quelle, rappresentare.

Un humus pericoloso di rabbia, ignoranza e presunzione di essere padroni del nostro destino comunque, al di là di una potenza dei media che, invece, indirizzano sempre di più le vite se solo non riusciamo da soli a procurarci gli strumenti per interpretarli e per difendercene.

Insomma, una lezione grandissima quella di “Sono tornato”, mai così utile come in questo momento storico.

Lezione riuscita proprio nel non dare spazio neanche per un attimo a chi pensasse di andare a vedere questo film per il gusto grottesco di apprezzare un saluto romano in più (anche per “scherzo”) o di “un quando c’era Lui” buttato là, alla guascona, uscendo dal cinema.

In sala, una strana, duplice, sensazione. Decisamente, a rifletterci a posteriori, lo specchio esatto della nostra Italia di oggi, divisa fra rassegnazione, grottesco revisionismo ma anche, fortunatamente, senso dell’impegno e valore del ricordo.

Da una parte la palpabile gratificazione frustrata di alcuni, molti ragazzi, del non vedere un “Lui” indomito protagonista nero che riprende possesso vincente della nostra Italia, dall’altra la muta, partecipata e commossa emozione dei tanti che di tutto questo hanno orrore.

Dei tanti che ricordano, o che la brutalità della storia hanno imparato a conoscere, studiando, informandosi, andando a vedere con i loro occhi dove è ancora possibile farlo.

Occhi che si fanno lucidi quando l’anziana donna si risveglia dall’alzheimer, in cui forse il tanto dolore provato l’ha fatta nascondere, riconoscendo il vero Duce in quello che i più credono, o vogliono credere, un attore.

Riconoscendo in Lui, nei suoi occhi, l’indimenticabile ricordo dell’orrore delle sue decisioni.

Così la stretta allo stomaco è inevitabile nel vedere la piccola signora dai capelli bianchi ricordarci le leggi razziali, il rastrellamento per strada, il treno per Auschwitz e poi lei bambina fintasi morta, per salvarsi, sotto una montagna di cadaveri.

Insomma… a 80 anni dalla emanazione delle Leggi Razziali anche sessanta minuti di una pellicola così servono per far riflettere e pensare con una leggerezza intelligente e accorta che non si distacca mai, mai dalla profondità del pensiero che porta avanti.

Operazione certo non facile, ma decisamente riuscita e, a pochi giorni, dalla Giornata della Memoria, l’opportunità ancora di ricordare, sia pur sorridendo. Consci della consapevolezza di quello che siamo e quello che possiamo diventare quando il buio della ragione genera mostri di cui perdiamo il controllo.

“Non c’è un assassino meno assassino di un altro”, ci arriva dalla sceneggiatura di “Sono tornato”… ma anche: “Anche allora ridevano. Anche allora, credevano fosse solo un comico”.

A volte ritornano quindi e, può essere, che non sia sempre e solo un film.

Stiamo in guardia.

Certe storie, in realtà, sono la Storia.

Semplicemente.

di Milene Mucci

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