Sativa – capitolo sei

Sativa è un graffio. Un graffio sui piloni di sostegno al cavalcavia che dalla via Flaminia conduce al deposito dei bus dell’Atac di Grottarossa. Sativa ha abbellito la periferia di Roma Nord, dai palazzoni uniformi di via delle Galline Bianche fino alle case degli enti, sui monti di Labaro appena sopra Saxa Rubra.

Sativa ha graffiato anche tutte le stazioni e le fermate del treno che parte da Roma piazzale Flaminio e arriva a Montebello costeggiando il Tevere, tra le consolari Salaria e Flaminia. “Roma Nord svegliati” oppure “Siamo tutti zingari” e ancora “Sono fuori da ogni tuo concetto”. I piloni del cavalcavia, proprio dove sono le capanne, senza Sativa sarebbero grigi e tetri. Sativa gli ha donato l’anima, li ha resi vivi. I suoi graffi danno luce ad un luogo altrimenti desolato. Sativa è il compagno imprendibile di Nicolae, di Emile e di tutti coloro che abitano la baraccopoli di Grottarossa.Sul primo pilone c’è una balena dalle fattezze umane. Sul secondo, dove è appoggiata la capanna del signor Emile c’è un Pinocchio nero, con il cappello conico lacero e legato con uno spago. Il signor Emile ha scritto porrajmos sul cappello di Pinocchio. Ha paura. Ha paura di aggiungere il nome di Nicolae allo sterminio dei bambini Rom.

In alto due gabbiani azzurri, uno bianco e alcuni aquiloni a forma di farfalla dai colori sgargianti. E’ il mondo fantastico di Nicolae.

Sativa lo hanno arrestato diverse volte per atti vandalici ma la sua è l’arte delle città in metamorfosi.

Dalla cabina del treno non si vedono i gabbiani e gli aquiloni. Solo la balena e il Pinocchio nero. La prima volta che mi sono fermato per il caffè alla turca, Nicolae mi ha preso per mano portandomi nel retro e con l’indice teso ha indicato quel volo variopinto di farfalle e gabbiani. Non sapeva pronunciare il nome farfalla, lo sentivo biascicare e sforzarsi per pronunciare un nome che neanche conosceva.

Erano le sei del mattino, non faceva freddo ma si sentiva l’umido del fiume che scorre nelle vicinanze. Nicolae era già in piedi. Ho pensato a mio figlio Emanuele che dormiva tra le braccia della madre al caldo del piumino.

” Vola, vola, vola,” indicando i gabbiani azzurri. ” Vola, vola, vola,” e non sapeva neanche il nome di quegli uccelli. Nicolae non ha nulla in quel luogo dimenticato da Dio e dagli uomini, solo degli strani uccelli di cui non sa pronunciare il nome e che forse neanche conosce. Degli strani uccelli che gli fanno compagnia e non volano via, e un Pinocchio dal cappello nero con su scritto porrajmos, che restano anche se è sporco o puzza un po’.

Prima di andare via, il signor Emile, con molta delicatezza, mi ha preso un braccio e con quel suo accento strano, mi ha sussurrato che Nicolae è la sua vita. Ogni inverno ha paura di non farcela. Ogni inverno è duro e freddo per Nicolae. Nella baracca, nel lato dove dorme suo figlio, sotto ai cartoni ha incollato dei pannelli di polistirolo per proteggerlo dalle gelate e dalla umidità. Mi dice che non accende quasi mai il fuoco dentro la baracca. Ma ogni inverno il freddo è sempre più freddo e ogni inverno ho paura. Ogni inverno.

di Claudio Caldarelli

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