La rivoluzione delle donne nel Kerala
Nello stato del Kerala, in India, una sentenza ha sancito la possibilità per le donne in età fertile ( tra i 10 e i 50 anni) di entrare nel tempio induista di Sabarimala.
Il primo gennaio 2019 due donne Bindu Ammini, e Kanaka Durga, quarantenni, sono entrate, scortate dalla polizia, nel sacro tempio per sancire il riconosciuto diritto delle donne ad accedere. Non è una rivendicazione senza importanza, perché mette in discussione quell’idea, presente in molte religioni, che la donna sia impura e fonte di tentazione. Nel caso del tempio sacro di Sabarimala si ritiene che il Dio potrebbe subire la fascinazione femminile, dell’essere impuro. Colpa delle donne è suscitare il desiderio dell’uomo. Sarebbero tante novelle Eva tentatrici.
Verrebbe da sorridere se da queste affermazioni non ne derivasse una considerazione delle donne come esseri da tenere lontano, impure rispetto agli uomini e agli dei.
L’impurità di cui tanto si lamentano gli uomini è quella stessa impurità che ha permesso loro di essere accolti per nove mesi nel corpo purissimo di una donna, dopo un atto dettato dalla purissima natura, per poi vedere la luce di questo mondo.
Se impurità c’è essa è solo una creazione della mente umana, un modo, non accettabile, di darsi delle regole che, però relegano le donne, al di fuori del tempio, al di fuori delle decisioni, spesso al di fuori di ogni potere influente. Ombre rispetto ai “purissimi” partoriti da impurissime.
Quanto accaduto in India ha quindi un valore fortemente simbolico.
Tre milioni di donne hanno protestato per la mancata attuazione della sentenza delle Corte Suprema del Kerala, creando una catena umana lunga 620 chilometri. Illuminate da un’idea di parità di genere che potrebbe portare delle importanti conseguenze, nel tempo, sul piano sociale.
E’ un’immagine meravigliosa, ricca di speranza, che fa pensare che esiste la possibilità per le donne nel mondo di unirsi, in pace, per affermare la propria identità, il proprio valore, la parità di trattamento in ogni percorso, che sia religioso, lavorativo, familiare.
L’eco di questa azione dovrebbe far vibrare i nostri cuori, dovrebbe farci comprendere quanto è lunga su questo pianeta la strada per arrivare ad una rivoluzione nei costumi che porti le donne a pretendere gli stessi diritti, la stessa considerazione degli uomini, abbandonando e facendo abbandonare in ogni settore, religioni comprese, l’idea che le donne, debbano vivere la loro vita in secondo piano, perché destinate a essere madri e quindi macchiate da impurità.
La catena umana è nata nello stato del Kerala, ma ogni donna nel mondo dovrebbe tendere la mano per far diventare la catena lunga migliaia di chilometri con, alla base, un’affermazione: l’uguaglianza di genere.
di Patrizia Vindigni