Il reddito di cittadinanza può funzionare?

Il reddito di cittadinanza secondo una definizione internazionale è un reddito incondizionato assegnato ad ogni cittadino residente in un determinato paese. Esistono, in giro per il mondo, delle varianti causate dalle restrizioni sempre maggiori delle spese pubbliche statali, varianti che selezionano secondo vari criteri i soggetti destinatari di questo reddito. Quando si parla di varianti si parla di reddito minimo garantito. Il reddito di cittadinanza, come nella definizione sopra riportata, ha valenza universale, nel senso che non è soggetto ad alcune restrizioni ed è garantito a tutti, indipendentemente dal reddito. Quello che ha appena approvato il governo italiano è il reddito minimo, cerchiamo di vedere alcune delle caratteristiche principali di questo strumento di finanziamento, che verrà erogato ad aprile. Il reddito minimo costerà alle casse dello Stato circa 7,1 miliardi di euro quest’anno, 7,8 miliardi nel 2020 e 8,0 miliardi nel 2021. L’ammissibilità dipende dal reddito, dai risparmi e dalla proprietà. Una persona sola che vive in una casa in affitto senza reddito e con un risparmio minimo può ricevere un massimo di 9.360 euro all’anno, o 780 euro al mese. Di questi, 280 euro devono essere usati per l’affitto o 150 euro se si ha un mutuo. Qualcuno che ha già un reddito, ma sotto i 780 euro al mese, lo farà salire a questa soglia, che è considerata la soglia di povertà per una persona che paga l’affitto. Una famiglia di due adulti e un bambino in una casa in affitto possono ricevere fino a 1.080 euro, mentre una famiglia di due adulti e tre bambini può arrivare a 1.280 euro. Il reddito verrà caricato su una carta digitale all’inizio di ogni mese e scadrà alla fine del mese stesso se non viene speso. Il ministro del lavoro Luigi Di Maio dice che questo garantirà un impulso alla spesa e alla crescita economica. Il reddito non è assegnato alle persone single con un risparmio di oltre 6.000 euro o per le coppie con un risparmio superiore a 8.000 euro o per chi possiede una seconda casa del valore di oltre 30.000 euro. Gli immigrati extracomunitari devono aver vissuto in Italia negli ultimi 10 anni, di cui gli ultimi due consecutivi. I destinatari del reddito che sono in grado di lavorare devono svolgere lavori socialmente utili per almeno otto ore a settimana, iscriversi e svolgere corsi di formazione proposti e accettare una delle prime tre offerte di lavoro che corrispondono alle loro qualifiche; si possono rifiutare offerte di lavoro inferiori a 858 euro. Il reddito minimo può essere ricevuto per 18 mesi, dopo di che, se non si è trovato lavoro rispettando i requisiti, viene sospeso per un mese e deve essere presentata una nuova domanda. Chiunque venga giudicato colpevole di aver tentato di frodare il sistema dovrà affrontare fino a sei anni di prigione. I destinatari del reddito devono partecipare a interviste regolari presso i centri per l’impiego, dove viene assegnato un navigator, ovvero un assistente che fa da mediatore tra la persona e le aziende, con l’obiettivo di aiutare il soggetto a trovare un lavoro o un corso di formazione. Esso dunque si configura come una misura strategica volta all’eliminazione della povertà assoluta, senza dubbio la politica di base è propositiva e cerca di dare una svolta in termini di progresso sociale. Questa misura potrebbe rappresentare un grande passo in avanti per il sistema di welfare italiano; è da capire se il reddito minimo disegnato nel modo in cui è stato descritto sopra risponde ai veri bisogni delle persone e alle concrete esigenze dei poveri. Sicuramente qualche perplessità c’è, data la poca informazione e preparazione degli enti di supporto allo strumento, quali CAF, Poste Italiane e soprattutto i Centri per l’impiego che sembrano ad oggi navigare nel buio. L’auspicio ovviamente è che lo strumento funzioni, ma per poterlo dire bisognerà aspettare. Bisognerà capire soprattutto i risultati sull’occupazione dei giovani e meno giovani che usufruiranno del reddito minimo, se sarà uno strumento di aiuto all’inserimento nel mondo del lavoro o se sarà solo l’ennesima forma di assistenzialismo fine a se stessa.

di Antonio Zinilli

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