In Francia, anche la Nutella sciopera…

Riflessione sul diverso approccio, dei lavoratori francesi         

Qualche giorno fa, è apparsa la notizia che nello stabilimento Ferrero di Villers-Ecalles, in Normandia, i lavoratori hanno fermato le linee lavorative per una settimana, anche impedendo l’afflusso dei rifornimenti, di quello stabilimento che da solo produce un quarto della nutella consumata in tutto il mondo. I responsabili Ferrero, hanno sempre detto e ripetuto che nelle loro aziende non c’era mai stata un’ora di sciopero. Quindi, ammesso che questo mantra della società di Alba fosse mai stato vero, che cosa è successo, per arrivare ad un simile cambiamento? Innanzitutto, andrebbe visto l’oggetto del contendere, ovvero le condizioni economiche e la differenza di quanto offerto dal datore di lavoro (+ 0,4% di retribuzione) e quanto chiesto da parte dei lavoratori (+ 4,5%); poi, andrebbero viste le condizioni economiche post-crisi, che hanno spinto i sindacati a portare avanti delle richieste economiche piuttosto cospicue; inoltre sarebbe da domandarsi se negli ultimi anni non sia cambiato qualcosa all’interno della galassia-Ferrero (ci sono state anche lamentele sulle condizioni di lavoro), dal giorno della scomparsa del suo patron. Ma, più di ogni altra cosa, sarebbe da domandarsi, come mai in Francia su 400 dipendenti a tempo indeterminato di quella fabbrica, circa 160 hanno scioperato ed ostacolato la produzione dei 400 mila vasetti giornalieri della più famosa crema spalmabile, al punto da indurre la proprietà a minacciare conseguenze legali, per le modalità impiegate. E più ancora, andrebbe da chiedersi come mai in Francia i lavoratori hanno portato il datore di lavoro a formulare una controproposta più accettabile (+ 3%) che ha fatto sospendere l’agitazione. E’ semplice: oltralpe, il sindacato ancora organizza ed infiamma i lavoratori, perché non si accontenta di “salvare il salvabile”, in primis le proprie poltrone; la politica francese non appare così tanto succube dell’imprenditoria, come la nostra, in quanto lì ogni buon politico sa che ogni cittadino ben retribuito e ben tutelato, è un cittadino che meno ha da chiedere allo Stato. E, in ultimo, come ha dimostrato anche la sollevazione spontanea dei “gilet gialli”, il popolo francese è un popolo che le rivoluzioni le fa sul serio ed i tiranni li ha sempre saputi spodestare davvero, perché i suoi principi (Liberté, Egalité e Fraternité) sono oramai insiti nel proprio DNA e implicano rispetto e solidarietà, anche da parte di coloro che non scioperano. Mentre da noi, oramai vince e governa la paura e la propaganda ha posto il diverso, la minoranza, come capro espiatorio, come falso nemico verso cui indirizzare la propria mobilitazione (sempre più virtuale): non è solo una questione di percezione distorta della realtà (che pure di danni ne fa e non pochi), ma anche di quella subdola vigliaccheria tanto diffusa nel nostro popolo, che fa essere forti coi deboli, con gli ultimi e deboli coi forti, zerbini dei potenti.

La differenza fondamentale sta tutta qui. In Italia si preferisce accanirsi col negroche non sbarca da un barcone di disperazione, ma viene qui per godersi la vita sulle nostre spalle; si manifesta contro al romche non ti fa pensare alla situazione disagiata da cui proviene, ma ti fa sentire sempre di fronte a qualcuno che ti vuole derubare. In Italia non si chiede più conto dell’operato dei malgovernanti, che non hanno tutelato i veri interessi del popolo; nel nostro paese non ci si ribella più al banditismo imprenditoriale, che sfrutta ogni occasione, ogni paura, per erodere tutte le conquiste fatte dai nostri padri. In Italia si manifesta soprattutto con insulti e minacce sui social, contro avversari inermi, invece di farlo concretamente verso quelli che ci hanno ridotto a puri servi, che hanno depredato il nostro stile di vita, dalle certezze e dal potere d’acquisto del nostro lavoro. In Francia hanno portato i re sul patibolo e non hanno timore di mettersi contro le tirannie (siano quelle economiche, che quelle di potere), mentre in Italia si minacciano famiglie inermi e si calpesta il pane dei più deboli, per non ammettere di essere il primo nemico di se stesso.

di Mario Guido faloci