Il sogno del Drago e di Arlecchino

Come quando non riesci a tenere gli occhi aperti, eppure ti manca solo una pagina alla fine del libro che stai leggendo a letto, o un paio di scene al film che stai vedendo in tv o sul pc. Così ti addormenti e la trama, i personaggi, le tensioni drammatiche del racconto ti si mescolano nel sogno della notte, in quella allucinazione di fotogrammi scombinati, eppure oniricamente coerente con il sottosuolo delle tue viscere e della tua psiche. Nel caso dell’attuale messinscena politica italiana assistiamo al processo inverso. Cerchiamo disperatamente di tornare dal sonno allo stato di veglia, fuori dall’insensata ipnosi in cui stiamo annegando, ma non ci riusciamo. Eppure sentiamo che ci manca uno scatto, un grado di coscienza appena per riemergere alla superficie della ragione.

Ed è su questa linea incerta, sciabordante tra illusione e realtà che ci appare il Drago. Ora è libero, non più chiuso tra i  forzieri della Euro Torre a Francoforte. Eppure le sue fauci continuano a scaricare fiamme, come da un bazooka, ripetendo ossessivamente ready to dowhatever it takes, pronto a fare tutto il necessario. Ma tutto il necessario, e le poderose bazookate di Quantitive Easing, ossia di alleggerimento economico quantitativo, è pronto a realizzarle ora anche in Italia?

Parliamo di Super Mario Draghi. Al momento di lasciare, dopo otto intensi anni, la guida della Banca Centrale Europea (BCE), vari capi di Stato gli hanno tributato un omaggio come a un vero, moderno gigante del Continente. Un gigante che non ha esitato a sfidare le ostilità interne ed esterne, teutoniche e d’oltreoceano, pur di proteggere la moneta europea dalle aggressioni e dai giochi della speculazione, preservare una certa stabilità dei prezzi e dell’inflazione. Il suo bazooka finanziario è arrivato a sparare fino a 80 miliardi di Euro al mese nell’acquisto di titoli emessi da governi, istituzioni e poi anche da società private non bancarie europee. A chi gli ha chiesto cosa intendesse fare uscendo dalla EuroTower ha risposto: “Domandate a mia moglie”.

Ora i lillipuziani italiani sognano invece che il nostro Gulliver si dedichi allo Stivale, proprio come dovesse calzarlo per sé stesso. Da Eugenio Scalfari, a Silvio Berlusconi, a Giancarlo Giorgetti della Lega, a Nicola Zingaretti del Pd, non sono pochi quelli che vedono bene Draghi prima a Palazzo Chigi, come Presidente del Consiglio, poi, tra tre anni, al Quirinale, quale successore di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Significa che attorno a Super Mario sarebbe già pronta a delinearsi una nuova Super Maggioranza per un Super Governo Tecnico dagli ampi poteri? Non più un mero bicolore giallo-verde o giallo-rosso, ma quasi l’intero arco cromatico contenuto nello spettro luminoso. D’altronde proprio quei due bicolori ci hanno mostrato che qualsiasi neocontratto, post veterotestamentario ed ex ideologico, è ormai possibile. Ci sarebbe da stabilire solo con quali finalità e con quali mezzi. E qui cominciano i guai.

Lo spettro politico multi-cromatico sarebbe infatti proiettato sulla stessa figura del premier, fino a screziarne lo stesso abito istituzionale. Di quanti padroni dovrebbe essere servitore alla fine la sua maschera? Ricordiamoci che il Board, ossia il Comitato Esecutivo della BCE, è composto solo di sei persone: presidente, vicepresidente e quattro membri nominati dal Consiglio Europeo. A parte la tedesca Sabine Lautenschläger – che gli ha rotto le scatole fino alla fine, giungendo persino a dimettersi –, Draghi ha potuto ampiamente decidere ed operare in direzione dei suoi ben chiari obiettivi, in base agli scopi istituzionali autonomi e ai regolamenti tecnici interni della EuroTower. Anche il Consiglio Direttivo della Banca è composto di 25 membri con compiti orientativi e non direttamente operativi. Ecco la prima grande differenza tra tecno-struttura e residuato bellico della vetero-politica, con tanto di risse, trappole e congiure mediatico-giudiziarie al seguito. Siamo certi che Draghi ci tenga a indossare elmetto e zainetto da sminatore acca 24, come si dice?

Oppure sarebbe lui in grado di delineare pochi obbiettivi chiari – proprio come ha fatto in BCE – e attorno a essi ottenere un consenso unanime, blindato, schierando una squadra di alto profilo tecno-scientifico operativo, che la faccia finita con i saltimbanchi dell’equilibrismo governativo arlecchinesco italiano?  Anche ammettendo per un momento questo, la domanda successiva è questa: per fare cosa?

Draghi ha sempre accompagnato l’adozione delle sue misure tecno-finanziare, con raccomandazioni alla politica sulle riforme economiche da varare al più presto, senza le quali quelle sue stesse misure non erano in grado raggiungere pienamente gli obbiettivi per cui erano varate. Naturalmente la portata delle sue perorazioni non poteva che restare strettamente limitata all’ambito monetario-finanziario. Anche se – come in relazione al grave dramma dell’occupazione giovanile – questi discorsi assumevano un’evidente connotazione sociale. Un premier politico, però, oggi deve occuparsi anche di altre brucianti questioni non solo nazionali. Quali quelle del clima, dell’ambiente, dell’immigrazione, tra loro sempre più collegate. Questioni che pongono sotto una luce diversa gli stessi cavalli, o draghi di battaglia di Super Mario, quali la riforma del mercato del lavoro, l’aumento della produttività e della concorrenza, la maggiore efficienza degli strumenti bancari, fiscali e finanziari internazionali.

Su questi temi specifici del suo ruolo tecnico-istituzionale, Draghi si è pronunciato molte volte e con la solita chiarezza, espressa nel suo sintetico ed efficace inglese. Quello che pensa sugli altri cruciali, drammatici e spesso tragici temi del nostro presente non lo sappiamo bene, perché a essi ha fatto solo un breve riferimento proprio nell’ultimo discorso da Presidente della BCE. Ha parlato, infatti, della necessità di creare una fiscalità impositiva europea anche per finanziare il contrasto ai cambiamenti climatici e la transizione ecologica dei processi produttivi. Sappiamo bene, però, quello che pensano molti dei suoi diversi e multicolori estimatori, i quali certe cose non amano neanche sentirle pronunciare. E qui torniamo all’incubo reale dell’Arlecchino servitore di più padroni, a cui il sogno del Drago rischia di ridestarsi.  Forse per questo dobbiamo chiedere a moglie Serenella, perché conoscendo Super Mario meglio di sé stesso sa davvero come stanno le cose.

di Riccardo Tavani