Non fare rumore – la storia dimenticata dei bambini nascosti

Dal docufilm di Alessandra Rossi.

Nel secondo dopoguerra, dal 1945 al 1970, più di 2 milioni di italiani emigrarono in Svizzera, luogo in cui la legge allora in vigore non prevedeva il ricongiungimento familiare. Di fatto era vietato per i lavoratori emigranti portare i figli con sé e tra il 1950 e il 1980 entrarono, come clandestini, dai 15 ai 30 mila bambini, che hanno vissuto nascosti in casa, senza poter andare a scuola, uscire e giocare. Conducendo cioè una vita di privazioni, senza emozioni, senza giochi, senza amici e libertà di essere fanciulli.

Infanzie annullate, vietate, cancellate.

La Svizzera in accordo con l’Italia aveva bisogno di manodopera, di lavoratori sottopagati, braccia per lavorare ma nessuno pensò mai che esportare forza lavoro prevedeva anche farsi carico di tutto il contesto familiare, compresi i tanti bambini, considerati a tutti gli effetti dei clandestini da nascondere, ovvero dei prigionieri. Ovvio, un bambino non può avere un contratto di lavoro, di conseguenza non erano desiderati, non dovevano esserci perché un intralcio, un peso, un ostacolo. Perché accettare il pacchetto completo, voleva dire sobbarcarsi l’onere di costi sociali non indifferenti, la scuola, le case, gli ospedali. Troppo per i conti fatti a tavolino da persone senza cuore ma fortemente interessate solo alla ricrescita economica, al benessere, ai facili guadagni, ad una vita agiata. Queste piccole creature, legalmente, potevano solo entrare come turisti, si metteva loro un timbro sul passaporto e poi, tutti, dovevano far ritorno a casa dopo sei mesi. Sei mesi liberi, sei mesi rinchiusi e così via, con genitori fantasmi che si vedevano a malapena, in un’altalena di emozioni che alla fine ha creato nelle loro esistenze da adulti, traumi indicibili. Se i bambini fossero rimasti in Svizzera per più di sei mesi il rischio era l’espulsione del minore. Diventa lecito chiedersi come si poteva fare un decreto di espulsione ad un minore, magari di pochi mesi, che non aveva capacità di intendere e di volere.

Siamo nel 69, lo scandalo esploderà alla fine degli anni 80.

Parliamo non a caso di questa storia dimenticata perché per anni mai raccontata, parliamo di bambini nascosti che successivamente hanno rilasciato delle interviste, si sono raccontati e sempre con le lacrime agli occhi, anche se oggi possono avere sessant’anni. Sono ricordi che fanno male, sono dolori che si sciolgono nella reminiscenza di anni e anni persi, di infanzie mai vissute, di spensieratezze negate, di affetti sconosciuti.

Piccole creature che hanno trascorso la loro infanzia nascosti in casa, prigionieri del sistema mentre ogni giorno, prima che i genitori si recassero ben presto nelle fabbriche, si sentivano ripetere di continuo queste parole, divenute quasi un incubo: “Non ridere, non piangere, non parlare, non fare rumore”. In altre parole, non esistere.

di Stefania Lastoria

Print Friendly, PDF & Email