Il furto del Tesoro di San Mamiliano

Quando nel 2004, nell’ambito di alcuni scavi archeologici al di sotto della chiesa di San Mamiliano, a Sovana, vennero alla luce alcune sepolture rinascimentali, non si poteva immaginare quello che si sarebbe trovato poco al di sotto di esse.
Un insieme di circa 498 monete in oro, risalenti al periodo tardo-romano. Si tratta di solidi, dal nome originale “solidus aureus”, monete in oro introdotte da Costantino all’inizio del IV secolo. Queste rinvenute, nello specifico, si datano tra il 402 e la fine del V secolo, in quanto su questi solidi sono raffigurati diversi imperatori, da Onorio a Zenone, con una maggiore rappresentanza di Leone I (imperatore d’Oriente) e Antemio (imperatore d’Occidente). Il tesoro deve essere stato accumulato in quegli anni travagliati, dove l’Italia, governata dall’impero d’Occidente prima e dal regno di Odoacre poi, fino al 493, fu terreno di guerre civili e di razzie senza precedenti.
Il tesoro, ripulito e classificato, fu in parte esposto sul luogo del ritrovamento, la chiesa, e in parte portato al Museo Archeologico di Firenze.
Il 9 novembre 2019, purtroppo, 50 Monete esposte al museo presso la chiesa sono state oggetto di furto.
Non ci si può non chiedere se siano state prese tutte le precauzioni volte ad impedire che questo potesse accadere. Certo è che aleggia il timore che queste meraviglie del mondo antico possano andare perdute per sempre.
Nel 1832 un eccezionale medaglione aureo di Giustiniano I, coniato per la riconquista dell’Africa, fu trafugato dalla Collezione Reale di Parigi. Una volta rubato, questo fu fuso assieme ad altri pezzi per ricavarne metallo prezioso da vendere a peso. Ad oggi esistono diverse copie di questo medaglione, ma l’originale è ormai perduto, come l’umana ragione che, a volte, accecata dal guadagno, si spinge a danneggiare irrimediabilmente il patrimonio artistico del nostro spesso vituperato Paese.
di Fabio Scatolini
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