Stidda: l’altra mafia raccontata dal capoclan Claudio Carbonaro

Stidda è l’ultimo libro di Giuseppe Bascietto. Giuseppe è un giornalista che racconta di mafia e lo fa penetrando fin dentro la sua orribile crudeltà. Ne descrive il potere, i legami e i fatti di sangue e lo fa con una narrazione coinvolgente che solo chi conosce bene la realtà mafiosa di quei territori è capace di sviluppare. Già perché Giuseppe è siciliano, è di Vittoria, un paese in provincia di Ragusa e sa come opera la Stidda lì, nel suo paese natale. Giuseppe sa chi sono gli stiddari. Conosce i meccanismi di quest’altra mafia che poi a stringere sono due facce della stessa medaglia, come egli stesso dice:

“La Stidda è la mafia. È una forma di criminalità organizzata molto più feroce di cosa nostra. Utilizza quasi il metodo gangsteristico nelle esecuzioni e negli omicidi, perché vuole essere spettacolare e mandare così un messaggio chiaro a chi abita sul territorio, noi ci siamo, noi comandiamo, noi siamo coloro con cui dovete fare i conti”.

Una mafia a due facce. Due mafie un territorio il cui controllo riconduce tutto ad un’organizzazione sola, come spiega Giuseppe:

“Mafie e stidda è vero che sono due facce della stessa medaglia, ma è anche vero che oggi nel territorio sono una cosa sola. La stidda nasce perché dei giovani ribelli non hanno più intenzione di ricevere gli ordini da parte dei boss mafiosi e approfittando di uno scontro di potere interno a cosa nostra tentano, riuscendoci, di sostituirsi a loro nei territori in cui li attaccano”.

Bascietto ha dovuto, per scrivere il libro, raccogliere le testimonianze del capoclan Claudio Carbonaro, un pentito che poi tenta nuovamente di ricostruire un gruppo criminale e, come giornalista, ha dovuto necessariamente incrociare dati giudiziari e quant’altro utile ad accertare la fondatezza di essi e dice: 

“La conoscenza di Claudio Carbonaro mi ha aiutato molto, i sui sono i racconti di un capo, sono i racconti di una persona che comandava, che decideva chi uccidere e che decideva come muoversi sul territorio, che decideva le alleanze e che decideva se utilizzare dei bambini per sferrare l’attacco finale a cosa nostra”.

I racconti del capoclan sono intrisi di violenza e morte, fra tutti Giuseppe ne racconta uno: 

“Quando ci siamo conosciuti era ancora sotto il programma di protezione e mi ha colpito il fatto che lui già mi conoscesse sin dagli anni ’80, da quando avevo 16 anni. Quando avevo 19 anni aveva deciso, insieme ai suoi fratelli, che io dovevo morire e mi ha raccontato come dovevo morire. La prima volta dovevo morire mentre ero dal barbiere ma l’omicidio non è stato eseguito semplicemente perché c’era troppa confusione e qualcuno avrebbe potuto parlare. La seconda invece sono stato salvato dal padre di Claudio che aveva bloccato i killer incaricati di uccidermi, a casa mia a Scoglitti, dicendo al figlio che se ne sarebbe occupato lui e che io sarei andato via da Vittoria e non gli avrei più rotto le scatole”.

Una frase, in siciliano, nel libro colpisce ed è – U salutu u lassau u Signuruzzu – che tradotto è: “Il saluto è stato lasciato dal Signore”, Giuseppe Bascietto ne spiega il significato: 

“In Sicilia c’è questa abitudine che, anche se una persona non ti piace lo saluti, perché si dice che il saluto è stato lasciato dal Signore, chi siamo noi per decidere di togliere il saluto ad una persona? Beh no, in terra di mafia non si può ragionare così, in terra di mafia il saluto a coloro che sono stati coinvolti in fatti di mafia deve essere tolto”.

Stidda è scritto su un percorso sapientemente costruito. Dodici capitoli legati tutti da un filo conduttore che è quello di comprendere cosa è la Stidda entrando nei fatti. Un libro che aiuta a capire quel mondo raccontato dall’interno e proprio perché lo ha raccontato da dentro, Giuseppe ha ricevuto minacce.

Le minacce stanno nel conto di chi fa il cronista di mafia e Giuseppe non si è fatto intimorire, continuerà a raccontare di mafia e di Stidda con altri lavori che ha in cantiere ma che racconteranno una mafia ancora più diversa, una mafia che dal Sud si è radicata al Nord, più velata meno visibile ma ugualmente e forse anche più pericolosa.

Solidarietà a Giuseppe Bascietto è stata espressa dal mondo dell’informazione, tra questi Paolo Borrometi, Direttore di LaSpia.it, Lazzaro Pappagallo Presidente dell’Associazione Stampa Romana e da Annamaria Furlan, Segretaria Generale della Cisl.

Noi di stampacritica.org ci uniamo a loro aggiungendo la parola coraggio, perché ci vuole coraggio per raccontare gli affari criminali di organizzazioni che nuocciono a tanti e tanti cittadini onesti.

Coraggio Giuseppe.

di Eligio Scatolini

L’intervista

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