Il piccolo testimone inconsapevole…

“No, no, non uccidetelo! Che vi ha fatto? Lasciatelo stare!”.
Giuseppe Letizia, quella terribile notte, ha soltanto 12 anni. È il 10 marzo 1948, esattamente 73 anni fa.

Il piccolo Giuseppe faceva il pastorello e come era solito fare da quando era in fasce, è in campagna a Corleone, a custodire il piccolo gregge di famiglia. Come tanti altri ragazzini della Sicilia di quell’epoca si è dovuto abituare molto presto alla vita di campagna.

All’improvviso sente dei rumori: sono macchine. Poi gente che grida, un gruppo di uomini che picchia a sangue un uomo e lo uccide senza pietà. Quell’uomo è Placido Rizzotto, sindacalista diventato il nemico numero uno della mafia, perché voleva dare le terre ai contadini, togliendoli ai mafiosi.
Rizzotto verrà ammazzato da Luciano Liggio (o Leggio che dir si voglia), al servizio del boss Michele Navarra, medico del paese.

Il piccolo Giuseppe vede tutto, non fiata per non farsi sentire ma è terrorizzato e sverrà per la paura. Suo padre lo ritroverà. Lo sveglia, ma Giuseppe appena apre gli occhi ha lo sguardo allucinato e inizia a pronunciare frasi che al padre sembrano senza senso: “No, no, non uccidetelo! Che vi ha fatto? Lasciatelo stare!”.

Il padre è convinto che abbia la febbre e perciò stia delirando. Lo porta all’ospedale, ma il direttore sanitario è proprio Michele Navarra. Giuseppe racconta tutto ciò che ha visto. Navarra capisce che il pastorello non sta delirando, ma è un testimone involontario. Lo affida alle “cure” del dottor Dell’Aira. Lui dirà che il bambino è malato ed invece di “curarlo” gli verrà fatta un’iniezione, sarà mortale. Piena di veleno.

Oggi il “piccolo” Giuseppe avrebbe 85 anni ed invece, da quel giorno di 73 anni fa, è il primo bambino vittima di mafia. Del capo Navarra, del boss Liggio e di chi si girò dall’altra parte.

di Paolo Borrometi

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