Letta, l’agenda Draghi e lo status quo

Dunque non ci sarà nessun fronte costituzionale. Alla possibilità di una coalizione tecnica non politicamente omogenea, ma pensata per impedire a una destra di matrice fascista di mettere le mani sulla Costituzione antifascista, si è preferita una piccola alleanza di centrodestra imperniata su quella che ora si chiama agenda Draghi, cioè lo stato delle cose. La responsabilità di questa scelta scellerata, e delle sue conseguenze, ricade sul Pd di Enrico Letta. Così Tomaso Montanari su Volere la Luna.

Poi accade che Calenda se ne va e il Pd resta solo. Allora raccoglie Di Maio e Tabacci. Poi arriva anche SI è Verdi. Il patto tutto imperniato sul mantenimento dello status quo. Tutto imperniato sulla continuità con il governo Draghi. Senza tener conto che intanto erano aumentati i poveri, 5,6milioni dice INPS.

Quindi crescita non sostenibile, aumento dei consumi superflui, riduzione delle risorse per la scuola pubblica, riduzione della spesa sanitaria, in pratica restringimento dello stato sociale. In questo quadro, l’adesione pregressa di Articolo 1-Mdp è quella successiva di Sinistra Italiana a quel patto fornivano striminzite foglie di fico a sinistra, continua Montanari, riducendo questi piccoli soggetti politici ad agenzie di collocamento per i loro gruppi dirigenti. In questo senso, l’addio al Parlamento di Pierluigi Bersani e il voto contrario di Luciana Castellina sottraggono provvidenzialmente due figure carismatiche e di valore, a un ben triste epilogo.

Ora, non solo questa piccola alleanza politica di destra (Più Europa) centro (Pd) sinistra (articolo uno, sinistra italiana, verdi) non governerà il paese, ma di fatto consegnerà il governo e la Costituzione nelle mani di una coalizione a la “Orban”. L’unica spiegazione politica di quello che appare un suicidio collettivo è la ferma volontà di Letta di non fare una alleanza tecnica con il M5Stelle di Conte. Ora la cieca avversione verso Conte, non è la caduta del governo Draghi, questo è un alibi giornalistico per le masse, ma a qualcosa che sta a monte: cioè alla presa d’atto, da parte dei poteri forti, o blocco sociale economico-finanziario di cui Letta fa parte, della inaffidabilità di Conte. Anzi della sua estraneità antropologica di quel blocco economico-finanziario. Conte è avversato, scrive Montanari, odiato, attaccato come il pericolo pubblico numero uno. E cioè come un pericolo più grave dell’arrivo al governo di Giorgia Meloni. Insomma, quel che conta è l’ordine economico-sociale, intoccabile e sacro. Mentre la democrazia è negoziabile.

L’antifascismo strumentale riscoperto in queste settimane sarà rapidamente archiviato, rimarranno solo l’ANPI e le compagne e compagni irriducibili a difendere la Costituzione fino in fondo. Gli altri troveranno ragioni e alibi per negoziare, in nome dell’interesse nazionale e dell’Europa. Così il presidenzialismo caro alla destra ma anche a Renzi, Calenda e parti importanti del Pd troverà le sue sponde. Il polso della situazione lo vediamo su Repubblica che prima fa scrivere un giudizio radicalmente contro a Zagrebelsky e poi da voce a Sabino Cassese che propone le sue aperture presidenzialistiche. È evidente che questo patto sarà cementato dalla agenda Draghi e dalla Fiamma di matrice fascista. Draghi potrà essere il punto di congiunzione di un governo di unità nazionale Meloni-Letta. Ci diranno che è necessario per imbrigliare la destra, per far arrivare i soldi del PNRR, ci diranno che la crisi lo impone per non fare la fine della Grecia, ecc. ecc. Non sarà una bella situazione, sarà tutto come prima, i poveri più poveri, le bollette di luce e gas più care, il salario più basso, i diritti cancellati, la paga oraria sempre due o tre euro l’ora. Piaccia o no questo scenario è reale, ma nessuno ne parla, si parla solo del nemico, del M5Stelle e di Conte, senza mai nominare Draghi come responsabile di questo spostamento a destra della politica italiana.

di Claudio Caldarelli