Gli almanacchi e la siccità

Per Natale mi hanno regalato un nuovo smartphone. Per la precisione un fairphone, cioè un telefono onesto (“fair”), per bene, nel senso che non ti imbroglia costringendoti a cambiarlo quando se ne rompe un singolo, anche piccolo elemento. Questo è fatto come gli apparecchi del passato: si può riparare e riciclare e, quindi, dura di più e inquina di meno.

Smartphone, fairphone… chiedo scusa all’onorevole Rampelli se ho usato termini così poco italiani. D’ora in avanti dirò “intelligentofono” anziché smartphone e “onestofono” anziché fairphone: sempre meglio che “dispensatore”. Beh, ma anche “telefono”, ora che ci penso, non è italiano: in italiano si dovrebbe dire, per esempio, “suonodalontano”; ed eventualmente dovremmo dire lontanvisione (televisione), cittàtica (politica), suondentrosservo (fonendoscopio), millemisura (chilometro) e millimisura (millimetro). Ma le lingue, si sa, non sono sempre patriottiche ed hanno la loro plasticità. Oserei dire: le lingue non soffrono di nazionalismo né di razzismo.

Tornando al mio nuovo e onesto intelligentofono, riflettevo sul fatto che questi dispositivi hanno mandato in pensione le agende e i calendari, oltre che i vecchi apparecchi di bachelite con la ruota per comporre i numeri. Si parla di meno e si “chatta” (scusi, onorevole) di più. Non è più possibile un bel dialogo tra un venditore di almanacchi e un passante, come ai tempi di Leopardi, per parlare di speranze e illusioni sul futuro. Ma forse abbiamo abbandonato gli almanacchi materiali di una volta per non renderci conto della continuità che lega passato e futuro passando per l’attimo fuggente dell’oggi, o magari perché le aspettative del domani ci spaventano un po’.

Ed allora, per spaventarci quel che basta – se non hai paura del pericolo non fai nulla per evitarlo – vorrei parlare ancora una volta, con l’aiuto degli almanacchi, della crisi climatica in atto oggi.

In questo scorcio di 2022, dal clima – ahimè! – gradevolmente primaverile, il CNR ha diffuso la notizia che l’estate da poco trascorsa è stata per l’Italia la più calda della storia, con un aumento medio di 2,06°C sul territorio nazionale e punte superiori ai 3 gradi su Piemonte, Val d’Aosta e Liguria. Abbiamo sperimentato così che cosa succede quando l’innalzamento della temperatura supera gli 1,5°C, soglia da non superare assolutamente secondo i diversi consessi internazionali dedicati al clima. Succede che bruciano 58.000 ettari di terreno dalle alpi a Pantelleria, 780.000 in Europa; e si verifica una siccità record, che da sola è costata 6 miliardi di euro all’economia italiana per la perdita dei raccolti, cifra che si aggiunge agli oltre 3 miliardi di euro l’anno di danni per le piogge eccessive (i danni da alluvione ammontano a 20,3 miliardi di euro nel periodo 2013-2019, e sono in progressivo aumento). Le siccità, si sa, ci sono sempre state, ma questa è la peggiore degli ultimi 5 secoli, per quanto è dato sapere. Tornando indietro nel tempo – di almanacco in almanacco – possiamo vedere che la siccità del 2022 è stata peggiore anche di quella del 1627-28, che fa da sfondo alle vicende narrate da Manzoni nei Promessi Sposi. Anche allora ci fu una siccità che portò a una drammatica carestia. Anche allora la situazione fu aggravata da una guerra e da una pestilenza.

Non è molto cambiato il mondo, vero?

Con la differenza che la siccità di allora fu un episodio isolato, seguito da anni di normale piovosità e produzione agricola, mentre quella di oggi è probabilmente la prima di una lunga serie, forse la nuova normalità.

Mi impressiona sempre constatare che i fattori economici, che tanto condizionano e preoccupano la nostra politica, siano così sottovalutati quando riguardano la crisi climatico-ambientale. Se aumenta il prezzo del gas, sono tutti pronti a correre ai ripari stanziando decine di miliardi; ma non si fa quasi niente per prevenire il danno economico dovuto alla crisi climatica. Eppure si tratta di10 miliardi per il solo 2022, con tendenza alla crescita negli anni a venire. Certo, si sono spesi 6,2 miliardi per il MOSE a Venezia (dato ufficiale del maggio 2022, comprensivo di tangenti e sprechi), altre cifre non meno impressionanti sono previste o stanziate per altri danni legati al clima, ma quando si parla della produzione di energia pulita ci si preoccupa che possa essere un po’ più costosa o meno efficiente del fossile, e si lesina sugli investimenti. L’obiettivo attuale, sembra di capire, è l’autosufficienza energetica, non la riduzione – drastica, se possibile – delle e emissioni di gas serra. Ma poi costosa per chi? Per la generalità del mondo sarebbero investimenti produttivi, non solo in quanto freno all’aumento delle temperature, alle siccità, alle carestie, alle alluvioni ed ai costi relativi, ma anche per le vite salvate dalle catastrofi cosiddette naturali e dall’inquinamento: quest’ultimo fenomeno, da solo, provoca nel mondo qualcosa come 8 milioni di morti premature l’anno (dati OMS) ed è dovuto esclusivamente all’uso di combustibili fossili.

E vogliamo parlare del risparmio energetico, praticamente assente dalla legge finanziaria?

Ma il 2022 ci regala un altro fenomeno eccezionale: la lunga ondata di freddo polare nel nord America. Un altro record nella storia della meteorologia, i cui costi in vite umane crescono di giorno in giorno e i cui effetti economici non sono ancora stati calcolati. Dicono gli esperti che i due fenomeni – il caldo e il freddo abnormi – sono le due facce d’una stessa medaglia, tenute insieme da meccanismi planetari per me finora sconosciuti, come i jet stream (scusi onorevole: correnti a getto) che percorrono i due emisferi al di sopra della troposfera. Come i mari e gli oceani, anche l’atmosfera è percorsa da correnti continue, immense e velocissime, che ci ricordano che la Terra è un’unità non interrotta dai confini politici né dalle sfere d’influenza, anzi un unico organismo con il suo respiro e la sua circolazione. Un unico organismo che da almeno cento anni stiamo intossicando e impoverendo.

Perciò auguriamoci che i prossimi anni ci vedano rinsavire e che i futuri almanacchi assomiglino più a quelli del passato, quando le stagioni avevano una maggior corrispondenza con il calendario. E speriamo che la politica, in tutto il mondo, se ne occupi seriamente, invece di pensare ai burqa, all’hijab, alle operazioni militari speciali, o ai “dispensatori”.

Cesare Pirozzi   

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