Il paese iracondo

In cuor mio spero tanto che gli “ex voto”, così come sono stati definiti gli elettori delle primarie del PD, si sentano davvero miracolati e vadano alle prossime elezioni a votare. Non potranno certo sperare che la Schlein distribuisca pani e pesci (anche se in faccia a qualcuno ci starebbero proprio bene) o che faccia risorgere i tanti lazzari al suo seguito, ma che sia auspicabile che almeno si sintonizzi sulle onde morettiane. Non fosse altro che per evitare che il “Bel paese”, alla stregua della famosa formaggetta, non inacidisca se non conservata nelle condizioni ottimali: il rischio è concreto.

Se lo “Spezzeremo le reni alla Grecia” di mussoliniana memoria scoraggia la più banale ironia perché si passa subito dal grottesco al drammatico, lo “Spezzeremo le reni agli scafisti” della Giorgia, donna, madre, ma per niente cristiana, è la consacrazione della farsa assunta nel cielo dello Stupidario e per questo, ancora più pericoloso. Sì, più pericoloso perché una cosa era essere fascista negli anni prebellici, una cosa ben diversa lo è adesso. Sembrerà paradossale, ma il fascismo del ventennio era in un divenire continuo e non c’erano termini di confronto (si dovrebbe dire nel bene e nel male ma io escluderei il termine bene); mentre invece i fascisti di oggi che inneggiano ad un sant’uomo che ha fatto morire milioni di italiani e si è reso colpevole di nefandezze indicibili, rivelandosi tra l’altro un pessimo statista, ne sono la caricatura, una brutta caricatura, che spezzeranno le reni a noi poveri abitanti di questo paese, diventato nel frattempo un paese iracondo. Se negli anni venti a sponsorizzare il fascio era la classe padronale, perché aveva paura dei comunisti e dei sindacati, oggi a sponsorizzare il nuovo fascio sono invece gli immigrati che proprio non ce la fanno a stare a casa loro e vengono a dare fastidio alle brave persone e a togliere il pane dalla bocca dei nostri bambini, contribuendo così ad alimentare la rabbia che alberga nell’animo dei nostri governanti e di chi li sostiene, incapaci di reggere la tensione necessaria per vivere democraticamente. Guai a contraddirli, sarebbero capaci di dire che Dante Alighieri era iscritto nei Balilla e di Garibaldi chissà cosa.

Altro che “Bel paese”, questo è ormai il paese dell’ira e di ira funesta (mi vien da parafrasare), un’ira colma di vecchi conti da saldare. Un’ira talmente contagiosa che sarebbero necessarie le migliori mascherine per evitare ulteriori infezioni. Me ne rendo conto quando sono all’ufficio postale, nei centri commerciali, agli incroci stradali. Al riguardo voglio raccontare un aneddoto capitatomi qualche giorno fa. Stavo tentando di parcheggiare in una piazza gremita, e finalmente dopo il terzo giro trovo un posto. Giuro che non m’ero avveduto di un’auto che sembra fosse al quarto giro ed era ferma in attesa di parcheggiare. Scendo dall’auto e sento delle urla terrificanti e insulti vari destinati alla mia persona provenire da una signora distinta.

Riesco a capire dal guazzabuglio di offese (in uno slang che non conoscevo) che la signora si lamentava per il posto auto “fregato”. A quel punto senza nemmeno rispondere, sono rientrato in auto e sono uscito dalle linee, facendo segno alla signora che poteva occupare il posto. La signora si è zittita, guardandomi come se fossi un marziano. L’avevo spiazzata… c’era rimasta male? Le ho chiesto scusa mentre lei superato il primo sbigottimento, ha ripreso ad inveire cercando inutilmente delle ragioni alle quali ho risposto con un sorriso ed un saluto. Avrei voluto suggerirle che per sentirsi meglio avrebbe potuto aggiungere anche qualche riferimento geografico oppure politico ma non ho voluto tentare la sorte: di questi tempi sfidare l’ira di qualche novello Achille, tra l’altro in gonnella, è deleterio.

Paolo Sabatino

 

 

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