L’auto negazione del radical-negazionismo
Il 31 maggio scorso un fracassante articolo è stato rilasciato nell’ambiente digitale da 14 emeriti studiosi del Word Weather Attribution, un importante centro di ricerca internazionale sui fenomeni climatici estremi. Fracassante perché viene sversato nell’ambiente proprio a ridosso della catastrofe alluvionale romagnola, sostenendo che il loro studio non rilevava alcuna connessione tra i cambiamenti climatici e il disastro in atto. I radical-negazionisti planetari stanno ancora stappando bottiglie di gazzose e champagne tracimanti dalla prossimità delle loro menti alle più remote zone social del pianeta. Peccato, però, che lo studio, al di là del prestigio dei propri estensori, violava dei protocolli internazionali stabiliti per attestare il rigore di qualsiasi testo e affermazione scientifica. Tra queste violazioni, anche quella della sua pubblicazione durante un evento estremo ancora in atto, senza dare la possibilità alla comunità internazionale degli studiosi di conoscere e verificare i criteri del metodo di ricerca usato. Limiti riconosciuti dagli stessi firmatari del saggio, che ne hanno ridimensionato il senso e la portata. Ossia: la ben determinata limitazione dei criteri e del metodo adottato non consentono di stabilire una connessione certa tra mutamenti climatici e alluvione. Neanche di escluderla, però. È come dire che io uso un piccolo binocolo da teatro per scrutare un fenomeno astronomico nel cielo profondo e, non riuscendo a osservarlo, affermo con certezza che quell’evento non è scientificamente provato.
Ma qual è il vero nocciolo del problema. Il consistente e anche qualificato gruppo internazionale di radical-negazionisti scientifici non nega affatto che ci siano dei consistenti mutamenti climatici in atto. Come potrebbe? Negano, però, che essi siano di origine antropica. Ossia, pur non negando neanche la rilevanza dei forti fenomeni di inquinamento causato dall’attività produttiva umana, negano che essi abbiano una qualsiasi influenza sui cambiamenti del clima sulla Terra. Questi, invece, dipendono dagli andamenti astronomici di altri pianeti e del Sole in relazione a quelli della Terra. Il nostro pianeta, infatti, nelle sue diverse epoche non solo archeo-geologiche, ma anche nell’ultimo millennio, e in assenza di attività umane inquinanti, è stato soggetto a glaciazioni e surriscaldamenti di notevole consistenza. Ergo: le attività di violenta estrazione, stupro del pianeta, e la brutale logica del profitto capitalistico alla loro base, possono continuare tranquillamente. Anzi – come recentemente affermato anche dal Nobel per la fisica Carlo Rubbia –, bisogna puntare tutto sull’innovazione tecnologica. Questo con il doppio obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale e – soprattutto – di ridurre i costi dello sfruttamento, aumentando al contempo i margini di profitto, in modo che si possa continuare a intonare spensieratamente il coro dell’economia capitalista Tutto va bene Madama la Marchesa!
La collocazione del radical-negazionismo scientifico non è dunque puramente oggettiva, ma anch’essa sottostante a una ideologia, quella del profitto, l’ultima sopravvissuta alla morte di tutte le altre sue sorelle nel vecchio Novecento. Concediamo che le nubi, le gocce di pioggia, la nebbia, i fiocchi di neve, ecc., non siano esattamente uguali a quelli d’epoca antico romana, o medievale. Ma determineranno pure un qualche effetto di retroazione le ingenti attività estrattive e inquinanti umane che avvolgono nel presente l’intero pianeta, inteso nella sua inscindibile unità e unicità di terra, aria, acqua. Ossia, il radical-negazionismo scientifico vuole affermare complessi e arduamente quantificabili fattori astronomici extraterrestri, ma vuole al contempo negare che la Terra si trovi a genera per via endogena, ossia interna, e a mezzo di una delle forme di vita che la compongono, una forte azione chimico-fisica che altera l’ambiente di superfice, sotterraneo e aereo sovrastante. E che lo stesso spazio orbitante attorno a essa è diventato una discarica di decine di migliaia di rottami satellitari, detriti pulviscoli, agenti chimici e anche scorie materiche e gassose nucleari.
Negando qualsiasi fenomeno di feedback tra ambiente planetario fortemente alterato e fenomeni climatici indotti da mutamenti astronomici, il radical-negazionismo scientifico si svela come una forma di autonegazione scentifica. Come può, infatti, il pianeta Terra, non essere climaticamente isolabile dal complessivo assetto mobile del sistema solare, ma non venire al contempo essa stessa considerata fenomeno astronomico esogeno, ossia esternamente agente nei confronti di altre zone almeno di questo nostro ramo di galassia che è la Via Lattea?
E lo stesso super specialismo del sapere in generale e delle scienze in particolare si presenta come forma di isolamento della Terra e della sua relazione con la mente. Ogni diversa disciplina, specializzazione, infatti, non può che vedere, privilegiare solo particolari aspetti, limitate zone della realtà, isolandosi, ossia delimitandosi, sempre di più al suo interno, e costruendo, distruggendo, ricostruendo su di essa visioni e verità a sé stanti, incapaci di misurarsi con le complicazioni formate dall’insieme dei fenomeni.
Proprio la complessità dei mutamenti climatici, e degli effetti eccezionali che essi producono, dovrebbe invece indurre a un intreccio, a una ricomposizione del sapere per riaprire l’orizzonte tra intelligenza, pensiero universale e Terra non isolata.
Riccardo Tavani