Guerra fredda: ritorno o continuazione?

di Riccardo Tavani

Al termine del recente vertice della Nato a Vilnius, in Lituania, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato che tale summit “dimostra che la Nato è tornata agli schemi della Guerra fredda”. Per questo la Russia “continuerà a rafforzare il sistema di difesa e l’organizzazione militare del Paese in  risposta alle minacce della Nato”.

Ricordiamo sinteticamente cosa si intende per Guerra fredda. È lo stato di tensione permanente che va dal 1947 al 1991 tra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica, affiancate dai rispettivi blocchi di alleanze politiche e militari. I principali alleati degli americani soprattutto erano (e sono ancora) i paesi democraticieuropei, riuniti sotto il cosiddetto ombrello atomico della Nato. Gli alleati dei sovietici erano in prevalenza gli Stati dell’Europa orientale, detti satelliti. Si riunivano nel Patto di Varsavia, costituito nel 1955 e sciolto nel 1991 con l’inizio del dissolvimento dell’Urss, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La guerra era fredda, perché non deflagrò mai apertamente e su larga scala tra i due fronti. Veniva combattuta soprattutto a livello di propaganda ideologica, spionaggio, finanziamento di oppositori interni ai due campi. Anche a ragione del fatto che essa era raffreddata da un fattore preciso: l’equilibrio del terrore atomico. Ossia dal fatto che Usa e Urss possedevano arsenali atomici tali da distruggere il mondo in pochi strategici scambi di attacchi e contrattacchi. La freddezza, però, non significava assenza totale di conflitti bellici. Gli scontri aperti avvenivano, per controllare e acquisire sfere d’influenza nel mondo, in limitati teatri di guerra locali. Questi si accendevanoprevalentemente nel terzo e quarto mondo, nelle ex colonie degli imperi centrali occidentali in Africa e Asia. La guerra, dunque, era centralmente fredda, ma perifericamente spesso anche bollente, vedi il Vietnam. Questo prevedeva l’equilibrio atomico tra le due superpotenze Usa e Urss.

Dal punto di vista proprio di questo equilibrio è davvero mai finita la guerra fredda? I contrapposti arsenali atomici si sono mai significativamente ridotti, come pure prevedevano i trattati internazionali iniziati dopo il crollo del Muro di Berlino e dell’Unione Sovietica? E oggi come è la situazione del mondo per numero di ordigni nucleari?

Nuclear Weapons Ban Monitor, organizzazione norvegese per il disarmo nucleare, si è accreditata nel tempo come una delle più autorevoli fonti di ricerca per la situazione degli armamenti in tutto il mondo. Il suo ultimo documento, inizio 2023, attesta – detenute da potenze ufficiali e non ufficiali – 9.576 testate nucleari pronte all’uso. Insieme equivalgono a 135.000 bombe di Hiroshima. La Russia da sola ha il più grande arsenale atomico mondiale, con 5.889 ordigni. Tutte le altre, poco meno che 4.000, sono detenute da Stati Uniti, Regno Unito, Francia, India, Pakistan, Cina e Corea del Nord, oltre che non ufficialmente anche da Israele.

A quelle del 2022 se ne sono aggiunte quest’anno 136 nuove, da parte di Russia, Cina, India, Nord Corea e Pakistan. È vero che esiste anche un conteggio anche degli ordigni ritirati e non più pronti all’uso, ma se continua l’aumento e non la diminuzione di quelli operativi, di fatto siamo non a un ritorno, ma a una continuazione degli schemi della guerra fredda. Anche perché Putin ha ufficialmente dichiarato la sospensione – non il ritiro –  della Russia dal News Start, STrategic Arms Reduction Treaty, ossia il trattato per la riduzione delle armi strategiche nucleari, firmato a Praga nel 2010.

Se si ritorna, dunque, a prima di quel trattato che doveva condurre all’eclissi definitiva della guerra fredda, vuol dire che questa non è mai davvero tramontata. Più che di ritorno, dunque, dovremmo parlare di continuazione. Prosecuzione in una situazione certamente mutata. Il coinvolgimento diretto di tutti gli Stati europei nel conflitto ucraino rende, in primo luogo, la temperatura qualche grado apprezzabilmente superiore al freddo, e per di più in costante aumento rispetto all’equilibrio del passato status quo. In più la crisi alimentare in paesi già in sé poveri causata dal blocco delle esportazioni  grano proprio a causa della guerra. Per questo e altro quello dell’Ucraina non è paragonabile a uno dei tanti vecchi teatri locali di guerra. Per gli Usa è una grande occasione storica per logorare letalmente quello che resta il suoprincipale rivale in quanto a potenza atomica. E d’altronde è proprio sul fatto di essere ancora, a tutti gli effetti, una temuta super potenza nucleare che Putin gioca cinicamente le sue carte per ridisegnare gli equilibri strategici mondiali.

L’altro principale rivale, in quanto potenza non atomica, ma economica è la Cina. 350 sono le testate nucleari del Dragone d’Oriente. Anche sommandole con le circa seimila russe non è che l’equilibrio cambierebbe molto. Gli Usa, però, attaccando la Russia via Ucraina, indirettamente muovono un’offensiva anche contro la Cina, interrompendo la loro strategia pacifica, tecno-pianificata di conquista commerciale planetaria, vedi Nuova Via della Seta. Una situazione al momento senza sbocchi realistici, così che ci troviamo già di fronte a un nuovo Niente di nuovo sul fronte occidentale, secondo il titolo del grande romanzo di Erich Maria Remarque del 1929. Solo la contabilità della morte alla fine si siederà vittoriosa al tavolo delle trattative, risplendendo come un sole radioattivo di nichilismo sulle teste dei grandi leader mondiali.

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