Dei, patrie e famiglie

Il 26 luglio scorso la Camera ha approvato il disegno di legge che rende la gestazione per altri (GPA) un reato universale. Il senso del provvedimento è di rendere punibile anche chi ricorre a questa pratica all’estero, nei Paesi (non pochi, per la verità) dove essa è consentita. La maggioranza di governo, che ha approvato la legge in prima lettura, è molto orgogliosa che l’Italia sia prima al mondo nel voler adottare questa norma.

Circa 5 mesi dopo, la presidentessa Meloni in persona ha accolto con entusiasmo alla kermesse del suo partito Elon Musk, che di figli generati con la GPA non ne ha uno, ma tre: una bella amnesia.

E pensare che, se la legge sarà definitivamente approvata, Musk non potrà più venire in Italia per non rischiare di essere arrestato, stante l’”universalità” del reato da lui più volte commesso.

Forse, però, questa maggioranza non ha la memoria corta, ma sta avendo una lodevole resipiscenza: se considerasse Musk un criminale universale non lo avrebbe invitato ad Atreju con tanto scalpore. Quindi, forse, quel discorso sul reato universale era una boutade, niente di serio: può sembrare una legge, ma in realtà era una goliardata.

Si direbbe anche che stia venendo meno il discorso sulla difesa della famiglia, visto che il sullodato eroe multimiliardario di famiglie ne ha sciupate più d’una, sia legali che di fatto.

E anche questa mi sembra una lodevole resipiscenza. Finalmente alla difesa della famiglia subentra quella delle famiglie, al plurale, allargate possibilmente ai figli come quelli di Musk, cui finora in Italia si nega persino il riconoscimento. Le famiglie da difendere, infatti, dovrebbero essere molteplici: da quelle benedette dalla Chiesa, a quelle civili; da quelle di fatto – che possono essere cancellate con poche righe sui social, come nel caso Meloni-Giambruno – a quelle omogenitoriali e via dicendo. Meglio tardi che mai.

Ma con Musk – un sudafricano con cittadinanza canadese naturalizzato statunitense – diventano plurali anche le patrie: ed anche questo è un passo in avanti importante per il partito della premier.

Infatti, l’unico modo autentico di essere patrioti è quello di rispettare tutte le patrie, perché ogni terra è patria a qualcuno e, se io amo la mia, non posso non ammettere che altri amino la propria. Perciò il patriota, che considera fratelli tutti gli altri popoli, si distingue dal nazionalista che, invece, considera le altre patrie inferiori, e non riesce a concepire un bene comune, al di sopra delle singole patrie. Se vogliamo, un patriota difficilmente può essere sovranista.

Giacché abbiamo sdoganato il plurale per patrie e famiglie, forse sarà anche il caso di rendere plurale anche Dio, trasformando il vecchio slogan “Dio, patria e famiglia” in uno più moderno: “Dei, patrie e famiglie”. Tranquilli, non sono un pagano politeista. Voglio solo dire che chi è credente non può non riconoscere agli altri la possibilità di credere con altrettanta fede in un altro Dio, o meglio in un’altra religione. Capisco che ciò possa rendere più difficile il gravoso compito di difendere Dio, come vorrebbe fare l’onorevole Meloni; ma, visto che lo si vuol fare, sarà bene farlo in tutte le Sue declinazioni: cattolica, ortodossa, luterana, ebraica, islamica, buddista, taoista e chi più ne ha più ne metta.

D’altronde il senatore La Russa, che attualmente ricopre la seconda carica dello Stato, si offenderebbe sicuramente se il suo partito non difendesse anche il Grande Spirito o Manitù, visto che ha chiamato i suoi figli Geronimo, Apache e Cochise.

La destra di governo, ma anche un po’ di lotta, non paga di aver compiuto questi meravigliosi passi in avanti, continua a mietere primati assoluti in campo internazionale.

Del primo s’è già detto: l’Italia è l’unico Paese al mondo che consideri (forse) la GPA un reato universale, come il genocidio, la tortura, la schiavitù, i crimini di guerra (Statuto di Roma della Corte penale internazionale, firmato nel 1998).

Il secondo è un primato europeo: l’Italia è l’unico Paese dell’UE che non abbia ratificato la riforma del MES. Anzi, il governo e la sua maggioranza sono riusciti ad uscire dall’umiliante posizione di essere gli ultimi a dover ancora approvare la riforma, per raggiungere l’invidiabile posizione di essere gli unici a rifiutarla con tanto di voto parlamentare.

Eppure, i Paesi che hanno fruito del Mes (o Fesf o Mesf come prima si chiamava) non hanno fatto una brutta fine. Il Portogallo, che vi ha fatto ricorso, quest’anno ha un rating di A3, molto superiore al Baa3 dell’Italia. La Spagna, che ha fruito anch’essa del meccanismo europeo, quest’anno è A per S&P e Baa1 per Moody’s, anch’essa meglio dell’Italia. Tutti gli altri Paesi europei che ne hanno fruito (sì, anche la Grecia) oggi crescono meglio di noi, perché avere prestiti a tassi più bassi da restituire in un periodo molto più lungo rispetto al mercato ha alleggerito il peso degli interessi sul bilancio: ed è questo che fa il Mes. Ed anche perché sono stati costretti a cambiare i meccanismi perversi che li avevano portati sull’orlo della bancarotta, ma che ai sovranisti nostrani piacciono tanto. E che, a ben guardare, prima che dalle regole europee sono vietati dalla nostra carta costituzionale (articoli 81 e 119), che prevede precisi vincoli alla spesa pubblica, ma viene aggirata quasi ad ogni legge finanziaria aumentando l’indebitamento.

Forse questo spiega perché tutti gli altri hanno approvato la riforma, e ci pone una domanda un po’ imbarazzante: ma siamo ciechi noi o gli altri 26 Paesi europei?

Non contenti di questi due primati, i nostri spavaldi governanti intendono raggiungerne al più presto un altro: quello di essere l’unico Stato al mondo ad avere l’elezione diretta del primo ministro. Non vi annoierò con i particolari di questo delirio riformista, già esplorati in un precedente articolo (Stampacritica del 15/11/2023). Ancora una volta ho il dubbio che andare controcorrente a tutti i costi non sia segno di un grande acume politico. Ma i nostri sembrano pensare che l’importante è distinguersi, fare la cosa più originale. Hanno, come dire, il complesso del più furbo, sembrano convinti che tutti gli altri siano stupidi.

O forse no: ci vogliono semplicemente fregare.

Cesare Pirozzi