Jarruso: aiuto mamma mi vogliono ammazzare
“Aiuto mamma mi vogliono ammazzare, aiuto mamma mi vogliono ammazzare…”. Giovanni Greco apre la scena, con un urlo disperato, dei morti ammazzati, dei tanti Pasolini, che chiamano le madri. Al Teatro Spazio 18B, a Garbatella, a Roma, chiede scena una storia cruda: Jarruso. Parola dialettale siciliana. Parola dal significato forte, negativo, emarginante. Una parola che da sola ti scava la fossa.
Pier Paolo Pasolini, ucciso all’idroscalo di Ostia, la notte tra l’uno e il due novembre del 1975, ripete Giovanni Greco, con la camicia sporca di sangue. Ripete la data molte volte, per raccontare un omicidio non di sesso o di “marchetta”, ma per ribadire una grande scomoda verità: io so chi ha ucciso Pasolini, ma non ho le prove.
Giovanni Greco, mette in scena se stesso, con il suo corpo e la sua voce, con i suoi gesti e la sua forza espressiva: qui si va ben lontani da carismatiche teorie. Qui si parla di lavoro quotidiano, di faticose ricerche e scoperte giornaliere, di riflessioni strettamente collegate con i fatti e con i processi.
Giovanni Greco, seduto su una sedia, al centro del palco con intorno il pubblico in religioso silenzio, ipnotizza con il suo racconto, con la ricostruzione di una storia per smontare quel “se l’è cercata” imbastita dai giornali e televisioni nel 1975. Un atto di accusa contro il “se l’è cercata” sostenuta anche dagli intellettuali dell’epoca, quegli stessi intellettuali che gli erano amici. Tutti a prendere le distanze, tutti con i distinguo, comunque tutti ad abbandonare la memoria di Pier Paolo Pasolini, il più grande intellettuale del novecento italiano. Calvino, Eco, Sanguinetti, , per citarne alcuni. Pasolini il perseguitato, affronta 33 processi per atti osceni. Viene espulso dal PCI, lasciato solo. Intanto, Giovanni Greco racconta la storia di d’Italia dentro la storia di Pier Paolo Pasolini. Dal delitto del partigiano Mattei, all’assassinio di Giorgiana Masi su ponte Garibaldi a Roma. Parla dei fascisti, della “Strategia della tensione” delle bombe, dei servizi segreti e della CIA. Tutto ciò che forse sapevamo senza averne le prove.
Ora lo sappiamo, non avendo ancora le prove, ma avendo la certezza con cui Giovanni Greco ci ha aiutato a dissolvere i dubbi ed eliminare i forse.
Ma al centro delle convulsioni dell’artista Greco, un attore oltre se stesso fin dentro le ossa fracassate del poeta, c’è Pier Paolo Pasolini. C’è il suo corpo che richiama altri corpi. C’è la Pietà michelangiolesca e il dolore della Madre che è tutte le Madri. C’è soprattutto la vicinanza, trasmessa con empatia e percezione di se stesso traslato nel corpo martoriato. Le sue scene, le circostanze, i compiti, i pensieri, la disperazione e il dolore. Il corpo di Pasolini è il nostro corpo. I movimenti di Pasolini sono i nostri movimenti. Le intenzioni, i sentimenti, le azioni, sono nostre. Giovanni Greco ci trasforma da spettatori passivi in spettatori attivi dentro al “corpo del reato” facendoci sentire lo scricchiolio delle sue ossa e del suo cuore che esplode.
Greco ci fa sentire il dolore della madre, di tutte le madri che sopravvivono ai figli e aspettano invano la resurrezione. Ci fa sentire tutti Pier Paolo Pasolini, Pinelli, Che Guevara, Dubcek, Giuliani, Masi. Ci fa sentire la rabbia impotente di essere sempre e comunque dalla “parte del torto”. Un torto che è la ragione della storia.
“Aiuto mamma mi vogliono ammazzare…”
Claudio Caldarelli