Con soldi e appalti pubblici, non dovrebbero esserci parentele, o amicizie

Perché il caso CONSIP, diventa un caso politico

Come ha mostrato lo scandalino dei portaborse di famiglia, che ha coinvolto eurodeputati di diversi partiti e nazioni, è importante che chi fa politica scinda totalmente il proprio incarico, da tutto ciò che concerna il denaro pubblico. Poco importa che il motivo per cui si affidino certi incarichi a determinate persone, sia il bisogno di persone di totale fiducia: dal momento che sono in ballo soldi pubblici, ogni amicizia e ogni parentela, sono motivi di sospetto. Ed oggi che pericolosi populismi incalzano, la politica non dovrebbe fornire loro buone argomentazioni e dovrebbe mostrarsi al di sopra di ogni sospetto.

Il caso CONSIP, la centrale unica di acquisto, nata per ridurre il rischio di corruzioni ed i costi della P.A. è emblematico. Forse non c’è stata nessuna corruzione, nessun tentativo di depistaggio (o forse semplicemente non si arriverà a trovarne la prova, che giuridicamente è la stessa cosa), ma tutta la vicenda non può che essere sospetta. Dal punto di vista probatorio si baserebbe su ben poche prove, quali delle intercettazioni dal contenuto piuttosto incerto e dei “pizzini” trovati nella spazzatura dell’imprenditore Alfredo Romeo, con cifre e iniziali (come “T.” e “C.R.”) che dovrebbero rinviare a Tiziano Renzi e a Carlo Russo, per cifre d’importo variabile dai 30000 euro mensili al primo e 5000 euro al secondo. Pur se la chiacchierata cifrata legata a quei foglietti, relativa alla presunta trattativa tra Romeo e Russo è avvenuta in assenza di Renzi senior, non si può escludere né che quest’ultimo sia un beneficiario consapevole, né che risulti vittima di un millantato decisivo appoggio, da parte del Russo.

Le dichiarazioni in tal senso di dell’A.D. di CONSIP, Luigi Marroni, ovvero il fatto che Romeo abbia provato ad usare l’influenza di Tiziano Renzi, per incontrarlo assieme al ministro Lotti (collaboratore dell’allora premier, Matteo Renzi), sono tutte cose da provare. Così come attendono un valido riscontro le eventuali pressioni esercitate da Tiziano Renzi, per favorire una società, proposta assieme a Dennis Verdini, nell’ambito di gare d’appalto miliardarie, o i 100000 euro dati al dirigente CONSIP Marco Gasparri, dal Romeo.

Le indagini, però, sono state inquinate dal rivelamento del segreto istruttorio (fatto per il quale sono indagati il Comandante della legione Toscana dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, il Comandante Generale Tullio Del Sette, assieme al ministro Lotti, anche per favoreggiamento): i presunti colpevoli avrebbero saputo di essere intercettati ed hanno proceduto ad una bonifica dalle microspie, riducendo le possibilità all’azione investigativa.

Il fatto che gran parte dei coinvolti nell’indagine fosse in qualche modo legato tra loro (per conoscenza, frequentazione, o collaborazione professionale), ovvero che venissero coinvolti amici e parenti, è ciò che alimenta il sospetto e le tesi più scandalistiche, dei giornalisti. Per questo è bene che di tutto ciò se ne occupi la magistratura, senza altri impedimenti o depistaggi.

Però, a questo punto è il caso di chiedersi di quanto sia opportuno che chi faccia politica, sia in qualche modo legato agli affari e agli appalti pubblici. C’è da chiedersi come non si comprenda che i tanto temuti populismi, traggano linfa vitale proprio dalle zone d’ombra tra il lecito e l’illecito, tra la fiducia in amici e parenti e il favore. E’ inutile continuare ad essere garantisti, se poi il proprio schieramento politico si muova sempre al limite del lecito, su quella linea di confine in cui si è sempre e comunque “colpevoli” agli occhi dell’opinione pubblica. E’ inutile accusare di partigianeria la magistratura, solo perché faccia il suo lavoro, cioè accertare eventuali illeciti. E’ inutile accusare i giornalisti d’inchiesta di “sciacallaggio”, solo perché cerchino di riportare le notizie che l’opinione pubblica ha il diritto di sapere. Ed è inutile preoccuparsi di alleanze, di linee di partito, se si dimentica la cosa fondamentale e cioè che la politica dev’essere al servizio dei cittadini, anche con la propria immagine.

Tra le mille cose inutili, poi, c’è anche quella campagna denigratoria che porti a dire che “tutti rubbano alla stessa maniera”, perché è proprio questo fango generalizzato, fatto per coprire le proprie colpe o le proprie impurità, che possono mandare al potere degli incompetenti populisti, perché oltre a slogan accattivanti, sanno mostrare (almeno agli inizi) quel volto pulito della politica, cui i cittadini fondamentalmente anelano.

di Mario Guido Faloci

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