L’addio di Trump agli accordi di Parigi

Alla fine, dunque, il presidente degli Stati Uniti Donal Trump ha deciso di ritirare il suo paese dagli accordi sul clima di Parigi il cui obiettivo a lungo termine è quello di mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale sotto i 2 gradi, rispetto ai livelli preindustriali, allo scopo di ridurre i rischi e gli impatti del cambiamento climatico.

Il secondo emettitore mondiale di gas a effetto serra, quindi, va a unirsi a Siria e Nicaragua, gli altri due stati fuori dall’accordo.

Il ritiro americano è una vittoria per gli ambienti più nazionalistici del governo statunitense che vedono nell’accordo sul clima un danno alla produzione americana del carbone e un serio ostacolo all’abrogazione del Clean Power Plan di Obama una legge, mai attuata perché contestata in tribunale da ventisei Stati a guida repubblicana, che impone agli Stati di ridurre le emissioni di biossido di carbonio prodotte da centrali elettriche.

Alla visione nazionalista che guida le scelte dell’Amministrazione, si unisce lo scetticismo più volte manifestato da Trump sulle cause e sugli effetti del cambiamento climatico.

Con la firma dell’accordo il presidente Obama impegnava il suo Paese a una riduzione delle emissioni che, da sola, rappresentava un quinto del totale di quelle da evitare entro il 2.030.
Secondo Climate Interactive, mantenendo le emissioni ai livelli attuali gli USA potrebbe riscaldare il pianeta di un ulteriore 0,3°C entro il 2.100, spingendo l’aumento della temperatura globale ben oltre i 2°C con conseguenti ondate di caldo, aumento del livello del mare, spostamento di milioni di persone e perdita di interi ecosistemi.

Ora, al netto delle conseguenze sul clima, alle quali il Presidente non crede, questa scelta riuscirà ad aumentare i posti di lavoro per gli Americani? E’ credibile pensare che una volta usciti da un trattato, peraltro non ancora in fase attuativa, si recupereranno gli impieghi già persi nell’estrazione del carbone?
Improbabile. Si tratta certamente di saldare una promessa elettorale ma non di una mossa intelligente.

Per il Prof. John Schellnhuber, scienziato del clima e ex consigliere dell’UE, l’uscita degli Usa dal trattato “Non ostacolerà sostanzialmente il progresso climatico globale, ma colpirà l’economia e la società americana”. Per Schellnhuber, la Cina e l’Europa sono diventati leader mondiali sulla strada dello sviluppo verde e rafforzeranno la loro posizione mentre l’amministrazione Trump si attarda in guerre climatiche ormai finite mentre è in pieno svolgimento la corsa per una prosperità sostenibile.

Secondo Christiana Figueres, ex numero uno dell’Unfccc, l’organismo delle Nazioni Unite che guida il dibattito sul clima, il ritiro statunitense, non fermerà il processo perché “gli Stati, le città, le aziende, gli investitori si muovono in questa direzione ormai da diversi anni e il calo dei prezzi delle energie rinnovabili garantisce la prosecuzione della transizione”.

Laurence Tubiana, portavoce francese per il cambiamento climatico e Rappresentante Speciale alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici , sostiene che “il presidente Trump sta mettendo il suo paese sul lato sbagliato della storia”.

E’ questa la sensazione prevalente. Se i Paesi che stanno assumendo la leadership in questo campo manterranno i loro impegni, gli Stati Uniti rischiano concretamente, dopo esattamente un secolo, di perdere il loro ruolo guida.
La lotta al cambiamento climatico è la più grande sfida che l’umanità si trova ad affrontare e sembrava scontato che sarebbe stata guidata dagli Usa. Scendere dal carro in questo momento è una scelta miope.

Non sappiamo ancora se l’iniziativa di Trump si concretizzerà, perché contro il ritiro dall’accordo si sono dichiarati molti stati dell’Unione, a partire dalla California, diverse città, con New York in prima fila, e grandi imprese, tra cui Apple, Google e Walmart, ma anche aziende che trattano combustibili fossili come ExxonMobil, BP e Shell. Tutte realtà che ritengono l’accordo il modo migliore per passare ad un’economia a basse emissioni di carbonio in grado di rimuovere i pericoli del cambiamento climatico.

Probabilmente, come afferma il gruppo ambientalista Sierra Club, Donald Trump ha fatto un errore storico mostrandosi al mondo come un leader separato dalla realtà e dalla moralità.

di Enrico Ceci

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