Rose: la storia di Angela Davis

La giustizia è una e indivisibile. Non si può decidere a chi garantire i diritti civili e a chi no!”

Una delle tante citazioni che descrive appieno la vita e l’opera di Angela Davis, una grande donna che credeva e crede nella giustizia, nell’uguaglianza e in una società onesta. Questi sono i tre grandi temi ai quali si è dedicata per tutta la vita Angela Davis, l’attivista afroamericana più nota al mondo per il suo impegno nel campo dei diritti civili, in particolare quelli degli afroamericani, dei detenuti e del femminismo.

Angela Yvonne Davis nasce il 26 gennaio 1944 a Birmingham, Alabama, uno stato così famoso  per la sua intolleranza verso le persone di colore che la zona nella quale viveva Angela Davis era chiamata “Dynamite Hill”, poiché in quel luogo le case delle persone nere venivano fatte saltare con la dinamite per mano dei bianchi. Non ancora maggiorenne riesce a trasferirsi a New York dove inizia a frequentare la Little Red School House, una scuola privata, radicale e progressista che rappresenta per Angela Davis il primo approccio allo studio su socialismo e comunismo, convincendola a prendere posizione e a militare nel gruppo giovanile comunista. I suoi studi, costellati dal massimo dei voti, proseguono a Parigi, dove consegue la Laurea in Letteratura Francese e poi a Francoforte dove ottiene una Laurea in Filosofia.

Oggi Angela Davis ha 78 anni, ha insegnato a lungo all’Università della California a Santa Cruz e nel 2020 la rivista Time l’ha inclusa tra le cento persone più influenti del mondo. Nel 1970, a 26 anni, fu accusata del rapimento e dell’uccisione di un giudice. Finì nella lista dei criminali più ricercati dall’Fbi, fu arrestata e poi rinchiusa in carcere in isolamento.

Intervistata di recente dal Guardian in occasione dell’uscita della nuova edizione della sua autobiografia, Davis spiega che era “terrorizzata all’idea di finire nella camera a gas della prigione di San Quentin. Ronald Reagan, Richard Nixon e J. Edgar Hoover lo volevano. Tante persone erano convinte che, nonostante la mia innocenza, avrei fatto la fine di Sacco e Vanzetti. Fu terrificante”.

Tuttavia mentre era in carcere, iniziò una mobilitazione internazionale senza precedenti per chiederne la liberazione. Appoggiata non solo da militanti e intellettuali (John Lennon e Yoko Ono scrissero per lei la canzone Angela, i Rolling Stones le dedicarono Sweet Black Angel), ma anche da tantissime persone comuni in tutto il mondo. “Ricevetti più di un milione di cartoline dagli scolari della Germania Est. Dovevano mandarmi una rosa per il mio compleanno, così disegnarono delle rose sulle cartoline. La campagna si chiamava 1 Milione di rose per Angela Davis. Arrivavano in grandi sacchi postali. Ora sono conservate negli archivi dell’università di Stanford”.

Angela Davis fu poi assolta con formula piena, rilasciata e poté riprendere il suo impegno di militante comunista, femminista, per i diritti degli afroamericani e per l’abolizione del carcere. Nell’intervista al Guardian racconta quanto per lei sia stato sempre fondamentale l’ottimismo. Perfino nei momenti più bui e difficili, come quando era in cella con la prospettiva di finire in una camera a gas.

“Abbiamo bisogno di speranza. Non possiamo fare nulla senza ottimismo. La mia amica Mariame Kaba, che fa parte del movimento per l’abolizione del carcere, dice che la speranza è una disciplina. Il nostro lavoro è coltivare la speranza. Ed è questo che cerco di fare sempre”.

Non a caso, appena uscita dal carcere, Angela Davis prosegue sempre più marcatamente, attraverso scritti, conferenze, lezioni universitarie e interviste, ad affermare le sue idee e teorie sull’oppressione del ruolo della donna nella società americana in generale, a cercare soluzioni politiche al problema del razzismo e dei diritti civili, alla riforma della giustizia penale e sociale. La sua analisi la porta alla costruzione di una teoria e di strumenti per cambiare il mondo. Individua nello sfruttamento l’origine dell’oppressione e ritiene che la classe lavoratrice sia l’unica che possa combattere razzismo e sessismo, rifiutando di darsi una leadership riconoscibile ma privilegiandone una collettiva. Promuove un pensiero femminista a contrasto della cultura maschilista, con lo scopo di far capire alle donne che il lavoro fuori casa è importante per una personale indipendenza economica ma anche un modo per avere una vita al di fuori delle mura domestiche e la possibilità di ribaltare l’idea che la donna possa essere solo madre e moglie.

Angela Davis attualmente insegna Storia della Coscienza all’Università della California, dove dirige anche il Women Institute. Non è più iscritta al Partito Comunista, ma rimangono in lei gli ideali comunisti con cui conduce la sua vita e il suo lavoro di promozione al cambiamento.

Una donna il cui esempio di vita è da seguire, una donna che a 78 anni ancora lotta per i diritti fondamentali degli ultimi e delle donne in generale, nei quali ha sempre creduto fin dall’inizio. Una donna che lotta per tutte noi, per i nostri diritti che ancora vengono negati e per i quali sembriamo avere una rassegnazione verso una realtà difficile da sovvertire.

Allora prendiamo esempio da questa donna straordinaria, impariamo ad armarci per piccole o grandi battaglie, più saremo più il nostro grido non rimarrà inascoltato, facciamo in modo che le nostre voci siano l’eco del grido di Angela. Uniamoci affinché i suoi ideali, le sue sfide, le sofferenze, il carcere non siano stati vani.

Anni per garantire i diritti fondamentali di tutti gli “ultimi” devono continuare da noi, per Angela e con Angela.

di Stefania Lastoria

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