L’ago, l’ego, l’eco della bilancia

Ugo La Malfa, considerato un padre della patria, per la capacità che aveva nella Prima Repubblica di far valere il per niente preponderante peso elettorale del suo Partito Repubblicano Italiano, era chiamato “L’Ugo della bilancia”. Nell’attuale epoca di decadenza repubblicana, invece, siamo ormai all’eco dell’ego della propria bilancia narcisistica.

Già questo è di per sé antropologicamente, patologicamente di destra. Se poi ci mettiamo che – raccolti tutti insieme gli aghi nel pagliaio e gli ego nel troiaio – in quello schieramento s’appollaiano appena sopra il 30%, ecco che nella vittoria elettorale della destra senza maschera (accreditata al 46%) che stanno favorendo, essi non vedono altro che il riverbero della più autentica e viscerale loro pulsione personal-sovranista.

D’altronde Carlo Calenda, lo ripete da anni – soprattutto negli ultimi – come una vera eco ossessiva: “Basta con fascismo e antifascismo!”. Come si può pretendete che possa ora realisticamente accogliere l’appello a non far vincere i reazionari nostrani? Anche Di Maio ha sempre detto che lui non era né di destra, né di sinistra, e come non mancava mai di notare il compianto Massimo Bordin di Radio Radicale: “Quando uno dice così, vuol dire una sola cosa: che è di destra”. In quanto a Renzi si sa che era un ospite sempre gradito nella reggia di Arcore, oltre che in quelle nei sultanati arabi. Solo che non è un caso che ci stanno martellando da diverse stagioni televisive con la faccia di Calenda, pur rappresentando all’inizio – ossia prima della cura catodica – poco più che sé stesso, ossia un transfuga dal Pd. Ce lo ammannivano, giocandolo proprio in funzione anti Renzi, e oggi, infatti, raccoglie lui le due ministre transfughe da Berlusconi. Non parliamo dell’eco che perseguita l’ego dell’altro ministro berlusconiano transfuga, Renato Brunetta, che – quante volte lo ha ripetuto – si ritiene ingiustamente privato del Nobel dell’Economia che molti più di altri meritava. E pensare che, proprio il Cav., nominò come suo ministro economico un tributarista, un volgare commercialista, Giulio Tremonti.

D’altronde la cosiddetta “Agenda Draghi”, oltre alla deleteria regressione su due questioni cruciali, quale quella sociale e quella ambientale, come potrebbe mai aspirare a vincere senza scagliare direttamente nello scontro la persona stessa di Super Mario e del consenso popolare del 62% di cui ancora gode? Cosa che Draghi potrebbe forse anche prendere in considerazione, purché gli garantiscano che gli aghi, gli ego e le eco narcise non rompano più i coglioni e – volenti, nolenti e malenti – si sottomettano solo all’irradiazione oggettivamente “tecnica” – ergo super partes, superiore – del suo di Ego e di bilancia dello status quo.

di Riccardo Tavani

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