Stessa spiaggia, stesso mare.

BaronciniL’autostrada che corre attraverso l’Emilia, e poi la Romagna, da Piacenza fino al mare, é dritta come un colpo di fucile. Come in un canale, che col caldo si riempie di pesci guidati da un istinto ancestrale, i dorsi lucenti a contatto, abbagliati da un’unica direzione, sfilano le automobili dei vacanzieri. In questo canale d’asfalto assolato, senz’ombra e senza spazio di manovra, troverà il suo posto anche l’utilitaria della famiglia di Silvia: padre, madre, due figli grandi e una piccola: quella piccola é Silvia, “Sissi” per gli amici.

Ecco: Silvia é dalla fine della scuola che aspetta il mare. Durante i preparativi per la partenza é spuntato -come dal nulla- il suo salvagente. È uscito da una sacca colorata, sgualcito come il più dimenticato dei ricordi, e ha lasciato in memoria di sé dei granelli di sabbia nelle pieghe del tessuto: la “ciambella” di Silvia, colorata reliquia di plastica dell’estate passata, dal fondo di un ripostiglio ha traghettato in silenzio oltre l’inverno tutta la santità del mare. Gonfiata, è un salvagente ancora intatto. Silvia se la infila, così, sopra i vestiti, non sente ragioni: partirà da casa con la sua ciambella colorata e gonfia intorno alla vita. Cosa contano le poche o tante ore del viaggio in autostrada davanti all’urgenza del mare? Con buona pace dei fratelli, che nei sedili posteriori dell’automobile avranno meno spazio, Silvia in spiaggia ci arriverà già pronta.

Negli appezzamenti balneari, tra ettari di sabbia nascosta sotto i teli di spugna, ai i bambini in vacanza é riservato soltanto il bagnasciuga. È il tratto innocente di riva, di onda che schiuma, la striscia di sicurezza utile per godere dell’acqua, dell’aria, del sole. I bambini devono nuotare lì, col rumore della risacca che li tiene a galla: l’onda che sbatte, quel suono che non tace mai, nemmeno di notte, sound mediterraneo, colonna sonora dell’eternità.

Silvia é fortunata e non lo sa.
Un milione e 470 mila famiglie residenti in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta, si tratta di 4 milioni e 102 mila persone, il 6% dell’intera popolazione del Paese. Perciò sono bambini che in vacanza non ci vanno e non ci andranno forse mai, e passano l’estate sui terrazzi di cemento, nei cortili di cemento, sui marciapiedi di cemento. Per loro niente iodio, niente mare: solo aria calda, aria di cemento.

E poi c’é questa storia di tanti altri bambini ( quanti? Non si sa ), quelli che nel mare ci vanno, ma ci vanno a morire, e questa è una triste favola vera che una bambina come Silvia ancora non ha sentito raccontare. Lei è piccola, intatta, assoluta, non può ammettere che di là dal “suo” mare ce ne possa essere un altro, uguale ma diverso, con bambini della sua età che oltrepassano la linea di bagnasciuga e vanno là dove lei non può andare perché è pericoloso, al largo, e magari di notte. E non hanno nemmeno il salvagente. E muoiono a metà di un viaggio senza alcuna pretesa, a parte la vita.
Quei bambini sono i figli di chi ha perduto tutto o di chi non ha mai avuto niente, che é un po’ la stessa cosa. Sono gli innocenti delle famiglie che non hanno i soldi per far stare insieme l’anima col corpo. A volte addirittura viaggiano da soli, è la miseria a tenerli per mano.

Silvia, impegnata com’è a costruire castelli di sabbia sulla riva, non può distinguere tra mare e mare, tra una conquista gioiosa, un miraggio lontano, e un luogo in cui morire inghiottiti dall’acqua. Per lei il mare è uno soltanto: nella sua elementare grammatica dell’amore avrebbe un salvagente da dare a tutti e molte -troppe- cose da insegnare a noi.

di Daniela Baroncini

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