Dove sono i padroni della guerra?

Viviamo un tempo in cui la complessità è disprezzata e, quella più semplice diventa l’unica via da percorrere. Viviamo un tempo in cui tutto si riduce ad un sì o ad un no, senza sfumature intermedie. Quando l’approfondimento è considerato inutile e la consapevolezza è circoscritta, la percezione si fa manichea fino al punto da credere che noi siamo il bene e il male sta tutto dall’altra parte. Quando, guardando al Medio Oriente si parla di scontro di civiltà, la tesi di fondo è proprio di questa specie: l’Islam è arretrato, l’Occidente è civile.

Per scoprire che la realtà non è così semplice basta leggere l’inchiesta condotta dal  Balkan Investigative Reporting Network, BIRN, e dal Organized Crime and Corruption Reporting Project, OCCRP, che hanno scoperto un enorme rotta commerciale attraverso la quale dal 2012 sono state inviate armi e munizioni del valore di 1,2 miliardi di euro dai Balcani verso il Medio Oriente. I numeri sono presumibilmente anche maggiori tenuto conto che ci sono molti dati mancanti. I paesi esportatori sono: Croazia, Rep. Ceca, Bosnia, Bulgaria, Montenegro, Romania, Serbia e Slovacchia. Forse occorre sottolineare che alcuni di questi paesi sono tra i più critici riguardo l’accoglienza dei migranti. Le armi – rimanenze delle guerre degli anni ’90 – sono dirette verso Turchia, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

Il caso dell’Arabia Saudita può essere preso come emblema. Nel periodo dal 2011 (Primavere arabe) al 2015 l’importo di armi è cresciuto del 275% rispetto ai cinque anni precedenti. Ha acquistato dal 2015 armi per 3,5 milardi di sterline solo dal Regno Unito, ma ancora di più ne acquista dagli Stati Uniti. Eccetto per l’Olanda, unica ad averne vietato l’esportazione verso questo paese, tutti i maggiori paesi europei vendono armi ai sauditi.

E dove vanno a finire queste armi? Il trattato sul commercio delle armi dell’Onu obbliga a valutare ogni destinazione della vendita, vietando il rifornimento a gruppi armati accusati di violazione dei diritti umani. Amnesty International denuncia, invece, che una volta arrivate nei paesi riceventi, le armi vengono distribuite nelle zone di conflitto (Siria, Yemen, Libia). E ovviamente come in ogni guerra la legalità diventa un formalismo.
Il conflitto sempre dimenticato che dilania un paese già poverissimo come lo Yemen, ha causato fin’ora 4.000 civili morti e circa 3 milioni di sfollati. Human Rights Watch afferma che armi britanniche sono state usate nei bombardamenti condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Bombardamenti che hanno colpito, tra l’altro, funerali e prigioni. E mentre gli Stati Uniti, che sostengono la coalizione, dimostrabo un insolita celerità nell’accusare l’Iran di rifornire di armi i ribelli Houthi, non utilizza la stessa solerzia nel caso dei sauditi. Eppure, le prove del impegno militare iraniano non sono mai state pubblicate. Sia gli alleati americani (Francia e Australia), sia gli equipaggi stessi dei pescherecci bloccati al largo del mar Arabo, affermano che le imbarcazioni cariche di armi erano dirette in Somalia e non in Yemen.

Le stesse incoerenze si mostrano in Siria. Robert Stephen Ford, ambasciatore Usa fino al 2014, ha confermato che il commercio di armi esiste è viene coordinato dalla Cia. Ma queste armi non arrivano solo alle forze sostenute dai paesi occidentali. Prove documentate mostrano come in realtà armi balcaniche sono da tempo in mano anche al’ISIS e ad altri gruppi integralisti come l’ex Fronte al-Nusra.
Parte di queste armi sono molto probabilmente arrivate ai fondamentalisti solo indirettamente, attraverso saccheggi. Ma per la restante parte, i sospetti ricadono proprio sui grandi importatori mediorientali, tra cui Arabia e Qatar. Anzi forse qualcosa di più di sospetti, visto che la stessa accusa veniva sostenuta nell’agosto del 2014 proprio da Hillary Clinton in una mail indirizzata a John Podesta, allora presidente della sua campagna elettorale, e pubblicata da Wikileaks. Come si può leggere nell’estratto qui sotto, Clinton scrive che l’Arabia Saudita e il Quatar stanno fornendo clandestinamente supporto finanziario e logistico all’Isis e ad altri gruppi fondamentalisti Sunniti.

Fonte: https://wikileaks.org/podesta-emails/emailid/3774
Questo dimostra come gli Stati Uniti (e probabilmente i suoi alleati) fossero a conoscenza di queste situazioni, ma evidentemente non erano sufficienti per poter considerare l’Arabia Saudita come un paese inaffidabile e non come un alleato.

In conclusione, qual è la differenza tra colui che spara e, parafrasando un poeta, colui che aziona il grilletto per gli altri e poi si siede a guardare? Nient’altro che un diverso grado di ipocrisia.

di PierFrancesco Zinilli

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