Edith Windsor, la donna che ha cambiato cuore e mente degli Usa

Ci sono donne il cui destino si intreccia indissolubilmente con il destino di un popolo, donne che hanno il potere di cambiare il corso delle cose; il destino di Edith “Edie” Windsor è stato quello di cambiare “cuore e mente degli Usa”. Con queste parole Hillary Clinton, ex candidata alla Casa Bianca che ha fatto della difesa dei diritti e della tutela delle minoranze i propri baluardi di guerra durante la campagna elettorale, ha voluto ricordarla durante l’elogio funebre svoltosi venerdì 15 settembre presso la Sinagoga di Manhattan gremita di persone. Edie non era una donna qualunque. Nata a Philadelphia nel 1929, nel 1950 (epoca in cui il ruolo delle donne era ancora prevalentemente relegato all’ambito domestico) ottiene una laurea in matematica, frequentando successivamente master presso prestigiose università. Nel 1958 inizia a lavorare per l’IBM, colosso informatico americano, diventando una delle prime (e pochissime) donne programmatrici a lavorare alla progettazione dei primi computer IBM, e arrivando a ricoprire la posizione tecnica di più alto livello, Senior System Programmer.

Una donna forte, determinata e coraggiosa, al punto da trasformare una propria personalissima battaglia in quella di un’intera comunità, quella lgbt (lesbica, gay, bisessuale transgender), e diventare un’icona della lotta per la difesa dei diritti omosessuali; Edie, infatti, era lesbica. Conobbe Thea Spyer, compagna di un’intera vita, nel lontano 1963, e le due donne furono legate da un amore durato oltre quarant’anni, “finché morte non vi separi”, spezzato solo dalla malattia; Thea, infatti, si ammalò, e nel 1977 le venne diagnosticata la sclerosi multipla.

Accudita amorevolmente per un ventennio da Edith (che chiese per questo anche il prepensionamento), si spense nel 2009, non prima di aver ufficializzato il suo legame con la compagna di una vita. Già coppia di fatto riconosciuta nel 1993, nel 2007 le due donne convolarono a nozze a Toronto, in Canada, dove i matrimoni tra persone dello stesso sesso erano stati legalizzati (il loro fu celebrato dal primo giudice gay della storia del Canada). Questo, però, non fu sufficiente a elevare Edith al rango di coniuge, e usufruire così delle agevolazioni riservate ai coniugi superstiti; nominata unica beneficiaria delle proprietà della donna amata, Edith si trovò a dover pagare imposte di successione per circa 360,000 dollari, cosa che non sarebbe accaduta se il loro matrimonio fosse stato ritenuto valido. Una storia tutta al femminile, che ha cambiato il corso degli eventi anche grazie a un’altra donna, Roberta Kaplan, l’avvocato che decise di supportare Edith intentando una causa contro il governo federale per chiedere la restituzione delle imposte pagate in quanto la legge “avrebbe dato alle coppie omosessuali legalmente sposate un trattamento differenziato rispetto ad altre coppie situate in posizione simile senza giustificazione”; una posizione accolta dal giudice federale, anch’essa una donna, che ordinò al governo il rimborso delle imposte pagate.

Una sentenza, successivamente confermata dalla Corte di Appello, senza precedenti, che rappresentò il primo vero grande passo verso il riconoscimento legale dei matrimoni omosessuali negli Stati Uniti d’America, e che fece di Edith un’eroina della lotta per il riconoscimento dei diritti civili. Spentasi lo scorso 12 settembre, dopo essere convolata a seconde nozze con una donna di trent’anni più giovane, di lei rimangono il ricordo di una donna allegra e ottimista che ha contribuito, con la sua immagine elegante da signora d’altri tempi, così lontana dagli stereotipi omosessuali dell’immaginario collettivo, a cambiare cuore e mente degli Stati Uniti d’America.

di Leandra Gallinella