La trentennale latitanza di Cesare Battisti sta volgendo davvero al termine?

l quattro sembra essere un numero sfavorevole per l’ex terrorista e scrittore Cesare Battisti. Da quasi 40 anni è stato condannato per ben quattro omicidi e il caso ha voluto che per queste accuse venisse arrestato il 4 ottobre 1981 e proprio nello stesso giorno, di 36 anni dopo, è stato fermato al confine tra Brasile e Bolivia. A catturare Battisti è stata la polizia di frontiera brasiliana: il fuggitivo viaggiava a bordo di un taxi in compagnia di due amici e 5 milioni di dollari. L’uomo doveva essere diretto in Bolivia da dove, sospettano gli inquirenti, avrebbe poi raggiunto il Paraguay.

Battisti si è sempre dichiarato innocente davanti le accuse che lo vogliono esecutore di due omicidi e complice di altri due. Ma chi è davvero Cesare?  Era un ragazzo difficile, nato a Cisterna di Latina, classe 1954: figlio di militanti del PCI, giovanissimo nel 1971 abbandona la scuola. L’anno dopo viene arrestato per la prima volta a seguito di una rapina. Due anni più tardi l’ex terrorista partecipa a un altro furto, ma questa volta c’è l’aggravante del sequestro di persona. Cesare li chiama “espropri proletari”. A questi episodi si sommano l’aggressione ad un sottufficiale dell’esercito e una denuncia per essere stato sorpreso in una camera di albergo con una ragazzina di 16 anni e un’altra di 13 (quando lui ne aveva 20).

Mentre sconta la sua pena Cesare conosce Arrigo Cavallina, l’uomo che lo coinvolse nei PAC (Proletari Armati per il Comunismo): “Feci il grande errore della mia vita – si legge in una lettera al supremo Tribunale Federale brasiliano – presi un treno per Milano ed entrai nei PAC”.

La militanza di Cesare però sarebbe durata poco: Battisti ha più volte dichiarato di esserne uscito nel 1978, ma le sentenze lo dicono dentro fino al 1979. E’ in questo biennio che si consumano i quattro omicidi da cui forse il latitante fugge. Il primo fu quello del maresciallo Antonio Santoro, a cui seguì la terribile giornata del 16 febbraio 1979, in cui morirono il gioielliere Pierluigi Torregiani e il macellaio Lino Sabbadin. L’ultima vittima fu Andrea Campagna, agente della Digos di soli 25 anni.

A fare il nome di Battisti in questi omicidi, tra mille contraddizioni, fu un ex PAC poi pentitosi, tale Pietro Mutti. Cesare ha sempre sostenuto di non aver mai ucciso nessuno e che quanto raccontato da Mutti e altri “pentiti” è il frutto di violenze e pressioni inflitte dalla polizia ai terroristi.

Nel 1981 Battisti viene arrestato e condotto nel carcere di Frosinone, dal quale evade. Ha così inizio una latitanza che dura da 36 anni: Cesare ha vissuto prima in Francia, poi in Messico, dove i tribunali italiani lo condannano all’ergastolo in contumacia. Nel 2004 torna in Francia, dove ottiene la cittadinanza e pubblica romanzi noir. A Parigi viene arrestato di nuovo: il governo italiano richiede l’estradizione, ma nel mentre Battisti è fuggito ancora in Brasile.

Prima che l’ex PAC venisse fermato, l’Italia aveva chiesto la revoca dello status di rifugiato: l’ex terrorista si dice “giuridicamente protetto” dal momento che i suoi reati sono prescritti dal 2013. Allo stesso tempo però Battisti teme l’espulsione, ipotesi da non scartare: un punto a suo favore potrebbe essere l’elezione di Lula, l’ex presidente brasiliano che nel 2010 rifiutò la sua estradizione e ora è dato per favorito alle elezioni presidenziali del 2018. In carica però al momento c’è ancora Michel Tremer, ben disposto a liberarsi dell’imbarazzo di Battisti: tuttavia la presidenza non gode dell’avvallo dell’organo giuridico. I legali del terrorista italiano degli Anni di Piombo hanno infatti ottenuto un confronto con il giudice che ha permesso la scarcerazione. In questa serie di rimpalli, l’ultima parola spetta al ministro del Supremo Tribunale Federale, che non si pronuncerà prima del 17 ottobre.

di Irene Tinero