Italia, paese di non lettori

Bilanci letterari, dopo un anno di eventi, fiere, manifestazioni legate alla cultura in generale e al mondo del libro italiano nello specifico, vedono però i lettori in Italia in costante calo. Secondo gli ultimi dati rilevati dall’Istat, nel 2016 i lettori sono scesi al 40,5%, contro il 42% dell’anno precedente. Un campione di 23 milioni di persone che sostengono di aver letto almeno un libro durante l’anno al momento del sondaggio.

Ancora una volta i dati definiscono le donne come lettrici più forti rispetto agli uomini, già a partire dai sei anni di età: tra i più piccoli, nella fascia compresa tra gli 11 e i 14 anni, si attesta il 51,1% di lettori rispetto a tutta la popolazione complessiva italiana. L’abitudine alla lettura, scuole a parte, è ancora dettata fortemente dal contesto familiare: il 66,9% di figli di lettori legge alla stessa maniera.

Il dato in diminuzione generale però colpisce perché, per contro, i titoli pubblicati nel 2016 sono aumentati, dopo due anni chiusi in rosso, simbolo di una ripresa della produzione da parte degli editori grandi, che pubblicano più di cinquanta libri all’anno, come i piccoli editori, che si attestano intorno alle dieci copie annue. Continua poi a crescere anche il mercato del digitale, dato che ormai un libro su tre è disponibile anche in versione ebook, anche tra i libri scolastici. Come mai si legge di meno? Sicuramente la questione del prezzo influisce e non poco. Con un aumento rispetto al 2015, i libri in media hanno un prezzo di copertina che si aggira attorno ai venti euro, e solo un quarto dei titoli pubblicati, in genere dai grandi editori, si attesta fra i dieci e i quindici euro.

Altre differenze: sono i giovani lettori ad essere oggetto di attenzione da parte degli editori, perché rispetto al 2015 sono aumentati del 4,5% i titoli di libri per ragazzi. Divari generazionali e territoriali: al Sud Italia legge meno di una persona su tre, mentre al Nord la percentuale di lettori è del 48%. Tolto il contesto regionale e sociale, considerato l’alto numero di laureati e quindi di persone con una cultura medio alta: cosa toglie spazio ai libri? Come è spiegabile il successo di un evento come il Salone di Torino, in proporzione, se il dato complessivo nega che gli italiani siano un popolo di lettori, mentre, senza bisogno di classifiche e statistiche, sono indiscutibilmente un popolo di scrittori?

di Giusy Patera

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