Il ricordo e testimonianza sono indispensabili affinché non si ripetano gli stessi orrori.

Ottanta anni fa, era il 1938, Vittorio Emanuele III promulgò il provvedimento del governo fascista che varava le “Leggi per la difesa della razza”. Un atto con il quale il regime di Benito Mussolini si allineava alla legislazione antisemita della Germania nazista.

E’ questo anniversario infamante ad imporre ai cittadini democratici il dovere della memoria

Con la promulgazione di quella legge i circa 40mila ebrei italiani, fino ad allora pienamente integrati – tra loro c’erano fascisti e antifascisti – diventarono le vittime di un razzismo di Stato che è iniziato con le discriminazioni sociali ed economiche ed è sfociato nella pura violenza.

In realtà non si trattava di una novità per il regime. Le prime norme razziali fasciste erano state varate già a ridosso della guerra d’Etiopia (1935-1936) quando, per evitare il “rischio” di una popolazione “meticcia”, furono vietati i matrimoni tra i bianchi occupanti e la popolazione nera del paese africano. Il salto all’antisemitismo fu breve.

Nei primi mesi del 1938 si scatenò in Italia una feroce campagna antisemita. Il 14 luglio viene redatto il Manifesto sulla purezza della razza. Il documento, redatto da 10 docenti universitari, è il primo testo che parla ufficialmente di “razza ariana italiana”. Nel lavoro di quella comunità scientifica, piegata all’ideologia e al potere, si afferma che le razze umane esistono sulla base di un concetto puramente biologico, che esiste una pura razza italiana e che gli ebrei non appartengono a questa razza.

Il passaggio alla discriminazione e all’espulsione degli ebrei, bambini e adulti, dalla vita sociale, economica e scolastica fu immediato. Chi lavorava nelle amministrazioni pubbliche fu cacciato. Agli ebrei fu vietato l’insegnamento nelle scuole e nelle università. Essi furono allontanati dall’esercito e costretti a dismettere le attività economiche o commerciali che il regime giudicava strategiche.

Gli studenti, di ogni ordine e grado, furono espulsi da scuole e università.

A partire dal 1943, poi, iniziarono le deportazioni nei campi di concentramento e sterminio.

L’istituzione delle leggi razziali non fu, come da più parti viene proposto, l’errore di un regime fondamentalmente benevolo. Razzismo e guerra sono elementi indistricabili del fascismo.

Ricordo e testimonianza sono indispensabili per contrastare quel rifiuto della memoria che oggi, non nel 1938, rende possibile il ritorno nel discorso politico del concetto di razza. Chi non lo credeva pensabile deve ricredersi dopo che un candidato alla presidenza della Lombardia, la più ricca ed evoluta regione italiana, si è eretto a difensore della razza bianca e per questo ha visto aumentare i suoi consensi.

L’esortazione di Primo Levi: “Meditate che questo è stato” è più attuale che mai.

di Enrico Ceci

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