La disuguaglianza nuoce gravemente alla salute

Quando si parla di disuguaglianza spesso si è indotti a pensare che l’argomento riguardi solo la sfera dell’etica. Spesso si ignora che il fenomeno ha delle conseguenze molto più pratiche. Tra queste, quella che più direttamente impatta la vita delle persone è la disuguaglianza di accesso alle cure sanitarie.

Una fotografia limpida dell’aspetto ce la offrono i dati sull’aspettativa di vita. L’Italia è un paese a più velocità. La stessa distribuzione iniqua dei redditi si riflette nelle diverse opportunità di farsi curare. Chi vive a Napoli ha una durata media della vita di 80,6 anni, mentre a Rimini e a Firenze la speranza di vita è di 84 anni. Nel complesso è tutto il Mezzogiorno a uscirne malconcio. Una differenza imbarazzante con le regioni del Nord.

L’impietosa realtà viene dai dati dell’Osservatorio nazionale della salute nelle regioni italiane. Lo studio mostra come sia la regione di residenza che il titolo di studio hanno un influenza determinante sulla durata della vita. Anche per quanto riguarda la presenza di malattie croniche tra la popolazione si evidenzia lo stesso effetto.

Con uno sguardo d’insieme, il Servizio Sanitario Nazionale risulta pieno di contraddizioni. A 40 anni dalla sua nascita, fallisce la sua missione di unificare il paese, sia geograficamente che socialmente. Per anni preso ad esempio come sistema equo ed efficiente, recentemente subisce il fenomeno  della crescente disuguaglianza economica, senza riuscire a sopperirne pienamente. Questi squilibri hanno portato alla diffusione di quello che viene già ribattezzato “turismo sanitario”. Sempre più di frequente, chi ha bisogno di cure decide di spostarsi nelle regioni più efficiente del Nord. Chi può permetterselo finisce nel privato. Questo taglia fuori tutti coloro che non hanno le risorse necessarie.

La relazione tra redditi e accesso alle cure mediche lo si riscontra anche a livello globale. La Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale della salute hanno calcolato che metà della popolazione mondiale non ha accesso ai servizi sanitari e ogni anno circa 100 milioni di persone entrano nella fascia di povertà estrema per poter pagare le spese sanitarie troppo onerose.

La realtà, però, è anche più complessa di così. Il problema ha dei sintomi che a loro volta si diramano come tentacoli. L’esclusione dai servizi sanitari è collegata, infatti, a maggiori tassi di criminalità. Spesso i reati violenti e quelli contro la proprietà derivano da situazioni di difficoltà dovute ad abuso di droghe o problemi di sanità mentale. Come confermano l’evidenze di studi recenti, l’accesso alle cure mediche è legato ad una significativa riduzione dei crimini e quindi anche dei tassi di carcerazione e dei relativi costi.

Avere la possibilità di curarsi è, di conseguenza, benefico non solo per il singolo individuo ma per l’intera comunità. La soluzione più efficace per spezzare la catena è quella di agire all’origine, cercando di garantire una distribuzione della ricchezza più equa.

di Pierfrancesco Zinilli

 

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