Gli Americani dicono no ad un attacco contro i curdi senza la loro approvazione

La visita in Turchia del consigliere per la sicurezza nazionale americano John Bolton, accompagnato dal Capo di Stato Maggiore Joseph Dunford e dall’Inviato Speciale James Jeffrey, è andata di traverso al riottoso alleato mediorientale.
Le ultime novità dell’Amministrazione sul ritiro delle truppe USA dalla Siria hanno molto contrariato il presidente Recep Tayyip Erdogan. Bolton ha intimato Ankara a non dare il via a operazioni militari “senza l’approvazione degli Stati Uniti e chiarito che il ritiro delle truppe americane dalla Siria è legato alla sconfitta di Daesh”. Bolton ha inoltre affermato che Washington vuole “assicurare la protezione degli alleati nella regione”. Cioè ai curdi.

La posizione sostenuta dal consigliere per la sicurezza nazionale modifica, nei fatti, la posizione assunta lo scorso dicembre dal presidente statunitense sull’immediato ritiro delle truppe che tanto aveva irritato i paesi alleati, spiazzato Israele e fatto infuriare gli alti funzionari del governo americano.
Immediate erano state le proteste di Francia e Regno Unito che accusavano gli Stati Uniti di averle messe, sostanzialmente, di fronte a un fatto compiuto mentre i forti dubbi emersi all’interno dell’amministrazione statunitense sono sfociati nelle dimissioni del Segretario alla Difesa Jim Mattis e del Rappresentante speciale degli Stati Uniti per la Coalizione Internazionale contro l’ISIS, Brett McGurk.

L’annuncio era stato, al contrario, accolto molto positivamente da Russia, Iran e governo siriano.
Come in un domino, il presidente turco Erdogan, ansioso di approfittare del vuoto lasciato dagli americani, aveva annunciato l’avvio di un’operazione militare a est dell’Eufrate. Ufficialmente per subentrare agli statunitensi nella lotta contro Daesh ma, in realtà, per sconfiggere le milizie curde fino a quel momento appoggiate dagli Stati Uniti.
Una minaccia che aveva spinto i curdi, per i quali con il ritiro americano svaniva ogni sogno d’indipendenza, ad avviare, con la mediazione di Mosca, nuovi negoziati con Damasco per arrivare a una qualche forma di autogoverno.

La nuova posizione americana rende più difficili i piani d’invasione messi a punto dallo stato maggiore turco. Intimando a Erdogan di coordinarsi con Washington prima di schierare le truppe nelle aree curde siriane, gli Usa hanno frenato le ambizioni del Califfo e cambiato, nuovamente, lo scenario.
Che cosa accadrà ora, considerando quanto siano imprevedibili le decisioni che assume la presidenza americana e quanto frequenti i suoi ribaltamenti di fronte, non è facile da stabilire. Lo stato d’incertezza che ne consegue avrà sicuramente serie conseguenze geopolitiche per i curdi, per la Turchia, per il regime siriano ma anche per Israele, Russia e Iran.
Nel “fantastico” mondo secondo Trump tutto può accadere.

di Enrico Ceci