Secoli di storia in quattro lettere

S.P.Q.R. sono le quattro lettere più famose della storia dell’urbe. Simbolo di una città e ancora oggi si usa imprimerle in tutto ciò che deve rappresentare Roma.

Quattro lettere, accostate, sono impresse nello stemma del comune di Roma. Ma cosa significa questo acronimo. La lettera S, sta per Senatus, la P e la Q, per PopulusQue, la R, ovviamente per Romanus. Indicavano, le massime autorità della Repubblica Romana, il Popolo e il Senato. Questa è l’ipotesi più accreditata, ma la sua origine forse va oltre la certezza della appartenenza all’epoca romana. Tanto che potrebbero essere un emblema risalente a popolazioni soggiogate e i romani le potrebbero averle fatte proprie.

Significativa è una legenda in cui si attribuisce la sigla SPQR ai sabini “Sabinis Populis Quis Resistet” i romani orgogliosamente le adottarono avendo sconfitto questa popolazione, sostituendo con Senatus PopolusQue Romanus la frase sabina. C’è chi asserisce che la Q potrebbe non essere l’abbreviazione della congiunzione, ma starebbe per Quiritium. Si avrebbe così la frase Senatus Popolusque Quiritium Romanorum. Cioè il Senato e il Popolo Romano dei Quiriti”; il quirite era infatti il cittadino dell’antica Roma che godeva dei pieni diritti civili, politici e anche militari.

L’esercito romano, usava marciare con l’emblema della città davanti alle schiere dei legionari. I signiferi erano coloro che tenevano e avevano cura delle insegne. Erano scelti fra soldati particolarmente dotati e meritevoli, poiché era un grande prestigio portare l’insegna di Roma e della propria unità. Il fatto di far avanzare davanti le insegne poteva significare di incutere nel nemico, la paura della potenza della città di Roma.

Questo acronimo nel corso dei secoli, al di là del vero senso, ha assunto significati diversi e fatto scaturire fantasie popolari. Si hanno cosi frasi più o meno spiritose, come quella del poeta Gioacchino Belli, in cui si rifaceva al potere del clero.

Diceva il Belli, Solo Preti Qui Regnano, a sottolineare l’influenza dei prelati nella vita della città.

Sapiens Populus Quaerit Romam: “Un popolo saggio ama Roma”.

Stultus Populus Quaerit Romam: come sopra, ma il popolo diventa “stolto”.

Senex Populus Quaerit Romam: idem, ma con un “vecchio popolo”.

Salus Papae Quies Regni: “Salvezza del papa, tranquillità del regno”.

Sanctus Petrus Quiescit Romae: “San Pietro riposa a Roma”.

Salve Populus Quintinii Regi: “Salute al popolo di re Quinto”.

Un altro uso popolare di questo acronimo, forse più usato dai non romani, recita, Sono Porci Questi Romani.

Molte altre goliardiche distorsioni, sono state date all’acronimo. Divertenti, ironiche e a volte anche volgari. Ma SPQR rimane da secoli l’emblema di Roma, non c’è angolo della città, senza la sua presenza. Impresso, sui lampioni, sui cestini dei rifiuti, sulle griglie delle aiuole, sulla ghisa dei tombini, sui cornicioni di edifici pubblici. Un po’ dappertutto insomma, come a voler richiamare la presenza della romanità su tutto ciò che circonda la città.

Tornando al Belli, diceva in un suo sonetto, “quell’esse, pe, cu, erre, inalberate sur portone de guasi oggni palazzo, quelle so quattro lettere der cazzo, che nun vonno di gnente, compitate. M’aricordo però che da ragazzo, quanno leggevo a a fforza de frustate, me le trovavo sempre appiccicate drent’in dell’abbeccè ttutte in un mazzo. Un giorno arfine me te venne l’estro de dimannamme un po’ la spiegazione a don Furgenzio ch’era er mì maestro. Ecco m’arispose don Furgenzio: ste lettre vonno dì, sor somarone, Solo Preti Qui Regneno, e silenzio”.

di Fabio Scatolini