Teodorico il Grande

A seguito del collasso dell’impero d’Occidente, in Italia non vi fu più un imperatore ma il potere venne esercitato dal barbaro Odoacre, Patricius d’Italia alle dipendenze dell’imperatore d’Oriente. Il suo governo fu relativamente tranquillo e godette del sostegno del Senato, ma il suo appoggio al generale Illo, ribelle in Oriente, lo tolse dalle grazie dell’imperatore Zenone. Questi, nel 488, ordinò al re federato Teodorico, sovrano degli Ostrogoti, di attaccare e deporre Odoacre. La guerra, lunga ed estenuante, si concluse con l’uccisione di Odoacre e la proclamazione di Teodorico a Patrizio d’Italia. Egli, con il suo popolo e la sua corte, si stabilì in Italia, creando un regno romano-barbarico.
Di barbarico, in effetti, Teodorico aveva ben poco, almeno per quanto riguarda la comune accezione del termine. Egli, fin dall’età di otto anni visse nell capitale d’Oriente, Costantinopoli, inviato come ostaggio dal padre per sancire l’alleanza coi Romani, dove entrò a contatto con la cultura greco-romana e imparò il latino e il greco. Una volta riscattato tornò nelle proprie terre e nel 474 succedette al padre.
In Italia egli lasciò i latini a capo delle amministrazioni civili, mentre agli Ostrogoti spettavano la difesa e i compiti prettamente militari. Pur verificandosi durante il suo regno vessazioni a danno dei proprietari terrieri latini, ad opera dei conti e dei luogotenenti del re, le intenzioni di Teodorico erano tutt’altro che bellicose, anzi, miravano ad una integrazione tra Ostrogoti e latini.
Egli mantenne buoni rapporti con il Senato (tranne che per gli ultimi anni del suo regno) e mirava a restituire a Roma e all’Italia parte dell’antica grandezza. Nell’antica capitale organizzò giochi nell’Anfiteatro Flavio e nel Circo Massimo, si vestiva alla moda degli imperatori e fece coniare medaglioni in oro con la sua effige. Uno di questi, conservato presso il Medagliere di Palazzo Massimo, raffigura il re visto frontalmente in corazza, con il mantello che ricade leggermente sulle spalle, con la mano destra sollevata in segno di “adlocutio” e con la sinistra regge un globo sormontato da una vittoriola che lo incorona. Una raffigurazione, questa, che ricalca lo stereotipo dell’iconografia imperiale. Unico dettaglio non “romano”, se vogliamo, è la presenza dei baffi, secondo la moda ostrogota.
Non potendo più contare da decenni sul grano africano, essendo quei territori occupati dai Vandali, promosse numerose opere di bonifica, per poter estendere la coltura del grano. Numerose tubature in piombo recano il suo nome, segno di un restauro della rete idraulica e lo stesso Anfiteatro venne restaurato dopo un terremoto.
Lo storico e senatore romano Cassiodoro, nei suoi elogi, non esitare ad appellare Teodorico come “nuovo Traiano”.
Egli si occupò anche del restauro delle mura e degli edifici di Ravenna, l’ultima capitale dell’impero d’Occidente. Qui egli fu sepolto nel 526, all’interno del mausoleo che tutt’oggi è in piedi. Meraviglia architettonica, la sua copertura a cupola venne realizzata da un unico, grande, blocco di pietra, si dice fatto portare da Teodorico stesso dalle sue terre d’origine.
di Fabio Scatolini
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