Polemiche estive e diritti della persona

Ci risiamo! Ora che la pandemia ha allentato la sua morsa, la politica riemerge prepotentemente con i suoi soliti vezzi, perché il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Si è subito aperta una gran polemica sul disegno di legge Zan, che vorrebbe allargare le tutele della legge Mancino ad altre categorie. La legge Mancino, che è in vigore da quasi trent’anni, sanziona “frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali”. Con la nuova legge, a questi si vorrebbero aggiungere quelli fondati sul “sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”.

Ovviamente, nessuno sostiene che tale obiettivo sia ingiusto, neanche coloro che si oppongono al disegno di legge.

Nessuno potrebbe approvare, infatti, episodi come quello del minore malmenato a Milano pochi giorni fa, al grido di “frocio di merda”. Nessuno vorrebbe ancora il suicidio di un diciottenne, discriminato e bullizzato perché omosessuale – o supposto tale – perseguitato anche dopo la morte con la frase “morte ai gay”, postata tra i messaggi di cordoglio.

O, almeno, nessuno oserebbe dire di volerlo. 

La polemica, apparentemente, non dovrebbe esistere, ma di fatto imperversa e, ovviamente, si basa su argomentazioni indirette ed oblique.

Argomento molto usato è che la nuova legge prevede il reato dell’istigazione. Secondo gli oppositori, tale ipotesi limiterebbe la libera espressione del pensiero, facendola dipendere dalla soggettiva interpretazione dei magistrati che, si sa, sono quello che sono.

Lo strano, però, è che il reato di istigazione esiste già da sempre (articolo 414 del codice penale), vale per qualunque reato si voglia immaginare ed è espressamente richiamato dalla legge Mancino come “incitamento all’odio, alla violenza e alla discriminazione”. Stupisce che nessuno abbia mai sospettato l’incostituzionalità di questo vecchio e collaudato principio giuridico che, d’altronde, non ha dato luogo a processi – né tanto meno condanne – per semplici manifestazioni di pensiero. Se no, la gran parte degli aderenti a CasaPound e una congrua percentuale di sostenitori della Lega e Fratelli d’Italia sarebbero sotto processo o in galera. Come recita la legge Mancino, ci vogliono frasi, gesti, azioni e slogan che incitino all’odio o alla violenza: cosa facilmente distinguibile da una semplice espressione del pensiero. A meno che non si voglia che la libertà di gridare “frocio di merda” mentre si picchia una persona sia più importante della libertà e dei diritti di quella stessa persona.

Un’altra argomentazione frequentemente usata è che la nuova legge potrebbe creare problemi all’educazione dei nostri ragazzi.

Questo perché il ddl prevede l’istituzione della «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia», nella quale le scuole dovrebbero organizzare iniziative di sensibilizzazione contro i pregiudizi omotransfobici. Sembra che questo possa mettere in pericolo gli studenti. Ma conoscere un problema non può danneggiare nessuno, e insegnare il rispetto per tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale, non può aver nulla di diseducativo o pericoloso.

Se è pericoloso, lo è soltanto per chi è abituato a usare le differenze per discriminare, e il pregiudizio fondato sul “sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” per trarre un vantaggio politico.

A sostegno degli oppositori del ddl (almeno oggettivamente, giacché questi ne hanno subito approfittato) è intervenuta la Segreteria di Stato del Vaticano, con una lettera in cui ha manifestato il timore che la nuova legge possa essere in contrasto con il concordato tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Secondo questo punto di vista, infatti, sarebbe in pericolo la libertà di insegnamento nelle scuole cattoliche private.

Ciò sarebbe vero se, per assurdo, le scuole cattoliche volessero insegnare la discriminazione e l’odio: certamente, in questo caso la legge Zan lederebbe la loro libertà di insegnamento. Ma poi, non hanno già l’obbligo di rispettare i programmi ministeriali?

Al contrario, l’interferenza vaticana mette davvero in crisi lo spirito concordatario, intervenendo così indebitamente – e con motivazioni così ridicole – sull’autonomia del nostro Parlamento.

Ma tutti ormai hanno capito che ciò che non tollerano gli oppositori non è tanto il fatto che si voglia combattere un certo tipo di violenza o discriminazione, quanto che si voglia riconoscere dignità civile ad alcune scomode categorie di persone e diritto di cittadinanza ad ogni necessaria scelta di genere sessuale. È questo che la destra nostrana ed alcune gerarchie vaticane non riescono a mandare giù.

Invece, è proprio questo, a mio avviso, il senso della democrazia: garantire libertà e sicurezza ancheindipendentemente dal sesso biologico, dall’orientamento sessuale e dalle condizioni di intersessualità con le quali alcuni – del tutto involontariamente – nascono. Infatti, da molti anni la legge riconosce a questi ultimi (e ai loro genitori, nel frequente caso dei minori) il diritto a seguire una soggettiva inclinazione sessuale a prescindere dal sesso cromosomico o biologico. Forse alcuni politici, nella loro beata ma colpevole ignoranza, nemmeno lo sanno, ma il Vaticano certamente sì.

A quanto pare, alcuni pretendono di essere democratici, pur non comprendendone il senso; altri pretendono di non volersi ingerire nelle prerogative dello Stato, pur interferendo.

La mia sensazione è che la battaglia degli oppositori al ddl Zan sia condotta con una notevole dose di ipocrisia. Si agitano i fantasmi della libertà di pensiero e di insegnamento, si paventa la violazione del concordato, per nascondere la solita, vecchia intolleranza.

Ed è proprio triste, ma per niente sorprendente, che l’intolleranza politica vada a braccetto con gli aspetti più retrivi di alcuni settori della chiesa cattolica che, a quanto pare, ancora prevalgono nei luoghi di governo del Vaticano. Forse baciare ostentatamente i rosari, abbassare la fede religiosa a strumento di propaganda politica, sventolare l’ingannevole bandiera di una finta difesa della morale, è servito a qualcosa.

A margine del problema, vorrei ricordare un fatto raccapricciante. In Iran, Somalia, Siria ed altri Paesi arabi, non poche donne sono state condannate per adulterio e uccise mediante lapidazione, come denunciato dalle organizzazioni Amnesty International e Nessuno Tocchi Caino. Ma perché parlarne in questo contesto?

Perché il delitto di adulterio e la pena della lapidazione esistono per le donne, ma non per gli uomini. È un esempio estremo di discriminazione basata sul sesso. È un fatto inaccettabile, ma ci fa capire che non si può accettare nessuna discriminazione basata sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità.

Proprio nessuna.

di Cesare Pirozzi