“È cambiato qualcosa?”

Camillo Benso, conte di Cavour, che si vantava di aver viaggiato in lungo e in largo per l’Europa, non si era mai spinto più a sud di Firenze, e oltre l’Arno non andò mai. E al ritorno disse al suo segretario: «Meno male che abbiamo fatto l’Italia prima di conoscerla».  Bella conoscenza! Parlare d’Italia senza aver mai visto Roma, la Maremma ed il Sud!!!

Ed il suo luogotenente, tal Luigi Carlo Farini, che era anche medico condotto, quando nel 1860 fu inviato nelle province meridionali in qualità di luogotenente, non seppe nascondere il proprio stupore e il proprio aristocratico disprezzo: «Che Barbarie! Altro che Italia! Questa è Africa. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fior di virtù civile!», offendendo, in una sola volta, due popoli: i meridionali ed i beduini.

Ma i Savoia avevano realmente capito qualcosa di quell’immenso magma sociale che era il centro-sud d’Italia? E del rapporto che poteva esistere tra Franceschiello ed il suo popolo? Fingevano di non conoscere le ragioni e gli altrui interessi che avevano prodotto le condizioni determinanti la facilità con la quale Garibaldi era riuscito a sconfiggere (?) l’esercito borbonico e la presenza di intricati giochi tra le potenze europee? Conoscevano sicuramente i rapporti e gli interessi divergenti tra Francia ed Inghilterra in rapporto al regno delle Due Sicilie ma non conoscevano minimamente i rapporti di apparente bonaria commistione tra masse popolari e potere monarchico.

Sapevano, o no?, che nel 1839 era entrata in servizio la prima ferrovia italiana e che era stata realizzata tra Napoli e Portici? Sapevano, o no?, che il primo bidet in Italia era stato installato nella reggia di Casera e non certamente in uno dei castelli savoiardi?

Si narra che, nonostante Napoli fosse dotata di un serio sistema fognario e disponesse di un moderno, per i tempi, sistema di pulizia stradale, narrato dallo stesso Goethe nel suo Viaggio in Italia, la plebe, priva di adeguate abitazioni, fosse solita scaricare i propri bisogni in qualunque posto. Franceschiello (così bonariamente o per dileggio lo chiamavano i napoletani), allora, al fine di salvaguardare il decoro stradale e l’immagine della città, emanò un editto con il quale proibì la defecazione nelle vie pubbliche. Il popolo, sprovvisto di servizi igienici nelle proprie abitazioni, iniziò una feroce protesta che culminò nel lancio di pesanti pietre contro il palazzo reale al grido di Franceschiè vulimme caca’. La reazione popolare fece breccia e convinse Franceschiello a revocare il proprio editto, non prima di aver esclamato: “E cacateve pure o mazze ma salvateme stu palazze”

Non meno schietta fu la risposta data all’addetto portiere della Reggia di Caserta che, al pari degli altri dipendenti della Corte, aveva un cordiale rapporto con Franceschiello ma che, al contrario degli altri, non riusciva a capire le differenze tra un Re in versione ufficiale, quindi nel pieno esercizio delle sue funzioni istituzionali, ed il Re quando era solo Franceschiello. Così, quando il re entrava alla reggia, Pasquale (questo era il nome del portiere addetto all’entrata) era solito salutarlo con un confidenziale buon giorno Franceschie’ ed il re rispondeva con un altrettanto confidenziale buongiorno Pasqua’. Un giorno giunse in visita al re, formalmente nomato, almeno in quelle solenni ed ufficiali occasioni, Francesco II delle Due Sicilie, il Nunzio Apostolico della Santa Sede, ed il Re Francesco II lo portò, ospite sulla propria carrozza, alla Reggio di Caserta. Giunti all’entrata, Pasquale salutò il Re con il suo solito buongiorno Franceschiè ma Francesco II delle Due Sicilie, giustamente, non rispose ed assunse una espressione fortemente distaccata nella speranza che Pasquale capisse l’inopportunità di una tale forma di confidenziale saluto e che il Nunzio non ci avesse fatto caso.

Trascorrevano le ore e Pasquale si arrovellava cercando una spiegazione a quella ostentata indifferenza del Re che non lo aveva degnato di risposta. Finalmente, quando la carrozza reale, preceduta e seguita dalle guardie reali in alta uniforme, stava avviandosi verso l’uscita, arrivò per Pasquale il momento di capire per quale motivo il Re non lo avesse salutato. D’altra parte, Franceschiello, pur rammaricato per il suo precedente atteggiamento, era fermamente intenzionato a dimostrare al Nunzio Apostolico che il Re non dava confidenza ai suoi infimi sottoposti e aveva quindi deciso che Pasquale, ove avesse ancora osato mancargli del dovuto rispetto, doveva essere messo duramente in riga.

E così, almeno secondo la sua bonaria logica, fece! Al momento dell’uscita il portiere lo salutò ancora con un gioviale Buona giornata Franceschiè ed il Re, costretto ad assumere un regale (?) atteggiamento, rispose, sprezzante, vaffanculo Pasqua’. Così, almeno secondo lui, le distanze erano state finalmente ristabilite!!

Ritornando alla nostra “storia” bisogna pur dire che Garibaldi, partito da Quarto il 5 maggio 1860, in appena quattro mesi ebbe la meglio su un esercito molto più numeroso e meglio dotato ed armato. Almeno così racconta una parte della storiografia.

di Pietro Lucidi

(Continua)

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