CAMBIARE ROTTA

Gli italiani hanno votato per eleggere il Parlamento in un momento storico caratterizzato da una grave crisi militare, di guerra generalizzata, i cui focolai bruciano in almeno quattro continenti; nel corso del 2021 ne sono stati contati 22 (fonte: Council on Foreign Relations), tanti, così tanti che si può parlare di una terza guerra mondiale diffusa, a pezzi.

Ad essi si è aggiunto il conflitto Russo-Ucraino, con tutta la pericolosità di cui è portatore, considerando gli attori che si stanno combattendo, direttamente e non, gli scenari che gli stessi prefigurano, l’uso possibile dell’arma atomica, la sua posizione geografica e la capacità economica dei paesi coinvolti.

Gli effetti economici, sociali, umani di questo stato di guerra permanente in un Mondo che non ha mai conosciuto un momento di vera pace dal 1946 (Council on Foreign Relations) vanno a sommarsi con quelli di una crisi economica già in atto e che ormai investe il sistema globalmente, in tutti i suoi aspetti.

Nel nostro paese, ma non solo, alcuni suoi effetti si concretizzano in:

– estesa disoccupazione, circa 2.000.000 di persone nel Luglio 2022 secondo l’ISTAT, l’8% della popolazione attiva;

– scarso o fittizio incremento del potere d’acquisto del salario eroso da un aumento dei prezzi al consumo giornaliero e non più compensato da alcun meccanismo;

– aumento delle vendite rateali, del pagamento differito, che in parte mascherano la compressione dei salari in atto e la diminuzione delle disponibilità economiche delle famiglie;

– sottoccupazione;

– continuo sottrarsi dello Stato dallo svolgere una funzione di controllo e indirizzo dell’economia e dei rapporti di lavoro; deregolamentazione a 360 gradi

-molti i giovani costretti dal nuovo ordinamento del lavoro a procurarsi diverse occupazioni per sopravvivere a stento, mettendo insieme poche centinaia di euro ogni mese e che risultano occupati, anche se in realtà lavorano poche ore il giorno, e non tutti i giorni;

– aumento generalizzato della povertà, 5.600.000 persone sono classificate come poveri dall’INPS;

Sono effetti simili a quelli riscontrabili in Italia nel 1922 e in Germania nel 1933, i momenti in cui giungono al potere le destre estreme.

Come già accaduto nel passato, di fronte ad una crisi di sistema, le forze conservatrici riescono a superare le divisioni e fanno fronte comune.

Non così le forze progressiste che dimostrano ancora una volta l’incapacità di elaborare un programma che prenda le mosse da una volontà inclusiva e non escludente. Ancora una volta, anziché ricercare un minimo comun denominatore tra le non poche istanze comuni, si fanno diventare ragioni di divisione le differenze che caratterizzano i vari gruppi, che dovrebbero essere invece portatrici di arricchimento e caratteristica qualificante di un raggruppamento progressista.

E proprio questa incapacità di superare le differenze, questa caratteristica delle forze progressiste che sembra una costante nei diversi periodi storici, oggi consegna nuovamente il governo del paese ad una coalizione di destra.

Questo non significa che le metodologie di governo si ripetano nel loro manifestarsi, non si bruceranno libri e non si imporrà l’accettazione di un contratto con la violenza fisica.

Il governo, espressione delle forze reazionarie e della volontà dei detentori del potere economico, opererà con l’obiettivo di far pagare i costi della crisi alle fasce meno abbienti e più numerose, come in occasione di tutte le crisi del sistema capitalistico avvenute dopo la rivoluzione industriale.

Basta leggerne il programma elettorale per capire come vogliono ridistribuire il carico fiscale, oppure come intendono rivedere l’accoglienza ai profughi, l’atteggiamento rispetto alla guerra, le normative sull’interruzione di gravidanza e i diritti civili nel loro complesso, la Costituzione.

Nonostante la crisi economica colpisca duramente la gran parte della popolazione, e di fronte ad un programma che lascia intravedere nuovi inasprimenti, la maggioranza dei votanti ha scelto la soluzione di destra, quella offerta da chi rappresenta il potere economico.

Molti di costoro, forse la maggioranza se si osserva la distribuzione dei voti, non saranno risparmiati dagli effetti della crisi e sono tra coloro che pagheranno di più.

Se le osservazioni fatte sono fondate, bisogna domandarsi il perché, in maniera quasi autolesionistica, il corpo sociale nella sua maggioranza (chi non vota accetta il volere di chi lo fa), dia il suo appoggio alle forze che perseguono una politica che aggredisce i diritti civili conquistati, che tende alla compressione dei consumi e dei livelli di vita proprio di quelle fasce di popolazione, che aumenta le disuguaglianze.

E’ stata l’incapacità delle forze progressiste di recepire i bisogni reali della fascia più numerosa della popolazione e proporre una strada, una via d’uscita dalla crisi, con soluzioni che non siano schiacciate su modelli liberisti orientati solo allo sfruttamento e al profitto.

Occorre una proposta politica che ponga come obiettivo l’eliminazione della povertà dalla quale discendono le discriminazioni, le disuguaglianze, i conflitti.

E’ la povertà che genera la fame, che muove le masse verso altri luoghi o, quando la rabbia diventa incontenibile, verso la ribellione, che rende l’uomo homini lupus, che prepara la strada alle guerre, in armi oppure economiche, ma che in comune hanno morti, distruzioni e produzione di altri conflitti, altre disuguaglianze… una spirale perversa che ha fin qui accompagnato la storia dell’uomo.

Cambiare rotta. E’ di questo che c’è bisogno. E’ di questo che ha bisogno la società. E’ di questo che si devono far interpreti le forze progressiste.

Corrado Venti

 

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