“Berlino, ci son stato con Bonetti. Era un po’ triste e molto grande.”

Difficile, quasi impossibile mettere in discussione le parole di Lucio Dalla eppure, visitando Berlino, è quanto meno necessario togliersi qualsiasi pregiudizio di dosso, di qualsiasi natura esso sia.

E privi di pregiudizi potrete iniziare, in un qualsiasi mese di gennaio e con meno 10 gradi, a visitare la città che, indubbiamente, contiene i maggiori riferimenti della storia del Novecento. Una città attraversata da una lunghissima cicatrice visibile, i mattoncini posti a livello dell’asfalto ad indicare laddove esisteva il muro, ma anche una città che contiene cicatrici ancora più profonde e dolorose e che riconducono all’efferata azione dei nazisti a danno degli ebrei.

 

Parcheggio ricostruito sopra il bunker di Hitler

Una città contraddittoria che annulla ciò che è stato e nello stesso tempo ricorda, cercando di espiare un senso di colpa per i crimini commessi. Così è facile imbattersi nel monumentale memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, costruito in prossimità di via Hanna Arendt, per non dimenticare la pericolosità della “banalità del male”, e a pochi metri del famigerato bunker di Hitler, oggi spianato al suolo e trasformato in un parcheggio. Uno schiaffo alla teoria della superiorità della razza ariana. Difficile infatti immaginare che sotto le finestre di caseggiati popolari, al centro di un piazzale, tra furgoni, macchine, rifiuti e deiezioni di cani, si trova proprio il punto dove si è concentrata la più cruenta malvagità del novecento e dove il suo principale ispiratore è morto, eppure è così.

Panta rei.

Una città cantiere, che non si ferma mai, come se la parola definitivo alla parola ricostruzione non si possa mai coniugare, ma anche una città che della propria storia ha fatto la propria industria turistica. Molto poco è rimasto di quello che era, altrettanto è stato ricostruito.

Parcheggio ricostruito sopra il bunker di Hitler

Emblematico il famoso Check Point Charlie, oggi riallestito uguale al passato a favore del turista che vuole scattarsi una foto ricordo senza accorgersi che i sacchi di sabbia messi a difesa sono di cemento. Oppure altrettanto significativi sono i pezzi di muro ancora venduti ad ogni bancarella al punto da chiedersi: ma quando finisce ‘sto muro? O le Trabant, prima ridicolizzate, oggi in marcia a prezzi altissimi per il brivido di sentirsi, senza troppi sforzi o sacrifici, cittadini della Berlino dell’Est.

Tante contraddizioni, poche emozioni.

E così si parte dall’Italia, con nelle orecchie il saluto romano di Acca Larentia e i brividi sulla pelle, per arrivare in Germania dove alcuni leader del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) e diversi membri del movimento neonazista tedesco, pianificano una operazione di “remigrazione” con espulsioni di immigrati, richiedenti asilo e cittadini tedeschi di origine straniera, continuando a pensare che l’uomo è un animale senza memoria.

Non rimane altro che incamminarsi, per i grandi e finti viali, ascoltando nelle cuffiette l’ultimo disco di Guccini che intona Bella Ciao, desiderosi di tornare presto nella propria casa, sentendosi le spalle sempre più appesantite e ponendosi lo stesso dubbio del grande Lucio Dalla: i russi, i russi, gli americani…

Lucia Salfa

* La foto di copertina è il memoriale delle vittime ebree

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