Abuso d’ufficio e stato di diritto

L’articolo 54 della Costituzione Italiana così recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

Il testo è abbastanza chiaro, a parte che “disciplina” e “onore” sono due concetti desueti, forse non abbastanza presenti nell’odierna vita civile, forse troppo dimenticati dalla classe politica in generale. Quel testo vuol dire, in sostanza, che siamo tutti uguali, ma che alcuni hanno dei doveri in più.

Ma perché mai una cosiddetta riforma dovrebbe esentare dal rispettare le leggi quei cittadini che, secondo la Costituzione, hanno dei doveri in più? Non se ne vede il motivo, ma è ciò che comporterebbe l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio.

Forse, prima di farlo, bisognerebbe abrogare l’articolo 54 della Costituzione.

Infatti, se la “riforma” dovesse essere malauguratamente approvata, l’articolo 54 sarebbe stravolto così: “Non tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, infatti, possono fare impunemente quel che gli pare”. 

Per chiarezza, conviene anche leggere che cosa dice l’articolo 323 del Codice penale, che definisce questo benedetto reato di “abuso”.

Non basta, infatti, aver agito in difformità alla legge, che già contrasterebbe con la disciplina e l’onore dovuti da chi espleta funzioni pubbliche. È anche necessario procurare “intenzionalmente” “a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale” ovvero arrecare “ad altri un danno ingiusto”. 

Quindi, l’articolo in questione non riguarda chi commetta un errore o una svista, o sbagli nell’adattare alle circostanze contingenti le leggi e i regolamenti: bisogna che si voglia “intenzionalmente” ottenere un indebito lucro o provocare un “danno ingiusto”. In altre parole, la norma punisce soltanto i soprusi e gli imbrogli deliberatamente perpetrati.

L’articolo 323 non protegge soltanto il pubblico interesse e i beni che a tutti appartengono, ma anche i singoli individui, che non devono essere alla mercè di chi svolge funzioni pubbliche: non solo di chi riveste cariche politiche, come sindaci e assessori, ma anche di chi gestisce la salute, come i medici e i funzionari di ASL e ospedali; di chi gestisce l’ordine pubblico, come i molteplici corpi di polizia italiani; o la giustizia, come i magistrati; eccetera eccetera. Senza la tutela dell’articolo 323 ogni cittadino sarebbe alla mercé di qualunque pubblico funzionario, del tutto libero di procurargli un “danno ingiusto”; e la pubblica amministrazione sarebbe alla mercé di qualunque funzionario, che sarebbe libero di farla funzionare male. 

È pur vero che resterebbero i reati di corruzione e concussione, ma non sempre si verifica – o si può dimostrare – un passaggio di danaro. Per esempio, molte volte il classico “raccomandato” viene favorito gratuitamente, in omaggio al potente di turno, che un giorno – forse – ricambierà il favore. Ma per ogni raccomandato c’è un danneggiato che non potrà più difendersi: se già prima era difficile, ora sarà impossibile ope legis. In ogni caso, il pubblico funzionario avrebbe una garanzia di impunità, qualunque favore faccia a chiunque. E questo vale per situazioni anche più gravi, in un Paese che, purtroppo, ha molti partiti, molti potentati e tante mafie.

Credo che ciascuno possa immaginare dei casi concreti. Per esempio, le liste d’attesa degli ospedali potrebbero essere manipolate a piacimento; i giudici potrebbero emettere sentenze arbitrarie; i concorsi pubblici potrebbero avere gli esiti più incredibili; le opere pubbliche potrebbero essere affidate alle imprese peggiori. Tutto questo perché la legge non vieterebbe più di agire “in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge”. Non che già oggi talvolta non succeda, ma vogliamo proprio regalare l’impunità ai politici e ai funzionari più disonesti? Vogliamo proprio togliere ogni speranza di onestà e competenza? Vogliamo proprio peggiorare le cose?

Per fare un altro esempio, che proprio in questi giorni la cronaca ci propone, la magistratura sta indagando sulle note manganellate di Pisa e Firenze, anche in base all’ipotesi di reato di abuso d’ufficio. Reato che si concretizza quando un poliziotto fa un uso eccessivo o ingiustificato del manganello, o comunque dei mezzi repressivi. Abrogandolo, si dà alle forze di polizia la libertà di usare il manganello a proprio piacimento, non più secondo la legge. Altro che “Stato di diritto”, come ha commentato la presidente del Consiglio a proposito di quegli episodi. 

Forse è utile ricordare che l’articolo 323 è già stato modificato più volte: nel 1990, nel 1997 e nel 2020. L’ultima volta con un decreto-legge, avente per titolo “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (strano? No, succede spessissimo). Possibile mai che non siano bastate tre riforme dell’articolo per renderlo congruo e funzionale? O i nostri politici hanno così poca stima di sé stessi?

Ma ai nostri riformatori seriali tutte queste critiche sembrano non interessare. Anzi, sostengono che l’abolizione del reato renderebbe più efficiente la pubblica amministrazione: ma più efficiente a favore di chi? Non certo dei cittadini.

Che sia assurdo consentire l’abuso d’ufficio senza neanche il rischio di una denuncia è confermato dall’orientamento dell’Unione Europea. Infatti, Il portavoce della commissione europea per la Giustizia, Christian Wigand ha dichiarato che l’approvazione della norma potrebbe avere «un impatto sulla lotta alla corruzione» e che «la lotta alla corruzione è una priorità assoluta per la Commissione. Abbiamo adottato un pacchetto di misure anticorruzione a maggio per rafforzare la prevenzione e la lotta alla corruzione». L’ineffabile ministro Nordio ha ribattuto che, se sarà necessario, il governo potrà, in seguito, adeguare la “riforma” alle esigenze europee. 

Chiariamo bene questo concetto: stanno facendo una legge contraria alle misure anticorruzione europee, ne sono consapevoli e sanno che dovranno al più presto cambiarla. 

Stanno facendo una legge contraria ai principi costituzionali: ne sono consapevoli o non sono neanche in grado di capirlo? 

Ma allora perché? A chi devono fare un favore? Quale “Stato di diritto” immaginano e cercano di realizzare?

Personalmente non lo so, ma credo che a tutti venga il medesimo dubbio: o sono privi di senno, o sono troppo furbi. 

Fatto sta che questa è una delle molte riforme inutili quanto dannose, che stiamo vedendo negli ultimi anni.

E, a quanto pare, non sarà certo l’ultima. 

Cesare Pirozzi                          

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