Il brusco risveglio dei Dreamers

Era troppo bello perchè durasse. Lo “Yes, we can” di Obama è diventato per loro un “No, you couldn’t” scritto a caratteri cubitali da Trump. Sognatori, appunto, american dreamers le cui aspirazioni sono state frustrate. Se c’è una cosa per cui sicuramente passerà alla storia il magnate miliardario reinventatosi presidente è, per adesso, il tentativo messo in atto fin dall’alba della sua amministrazione di smontare buona parte delle riforme volute dal suo predecessore. E se c’è una cosa, tra le altre, per cui Obama sicuramente passerà alla storia sarà che quelle sue riforme furono in buona parte scritte sulla sabbia. D’altra parte non poteva essere diversamente, avendo avuto per quasi tutto il proprio mandato il Congresso contro: dalle elezioni di mid-term del 2010 la Camera e poi, da quelle del 2014, anche il Senato.

Nel 2012 il primo presidente nero della storia americana varò il DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals), un provvedimento che aveva come scopo quello di offrire protezione agli stranieri senza permesso di residenza che, arrivati negli Stati Uniti da bambini e ivi cresciuti, potevano così finalmente sperare di ottenere la cittadinanza e diventare regolari. Una specie di sanatoria per farli uscire dal cono d’ombra nel quale erano sempre stati. Ma lo fece per decreto, quindi facilmente impugnabile da chi sarebbe venuto dopo. E la sfortuna ha voluto che dopo di lui arrivasse Trump, che magari non riuscirà a tornare indietro su tutto (vedi abrogazione difficoltosa dell’Obamacare) ma su qualcosa sì. Per adesso a farne le spese sono loro, i dreamers, ma il sogno rischia di restare indigesto a molti.

Cori di proteste sono arrivate da più parti e lo stesso Obama ha definito la decisione sbagliata, autolesionistica e crudele. Ma nel caso di Trump, più che un’accusa sembra essere un ritratto.

Valerio Di Marco

 

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