Piccolo Yvory morto assiderato

È morto di freddo, il piccolo Yvory, nel vano del carrello di un Boeing 777 dell’Air France. Lo hanno trovato gli addetti alla manutenzione alle 6.40 di mercoledì 8 gennaio, all’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi. Era partito da Abidjan in Costa d’Avorio. Aveva circa dieci anni, nessuno sa il suo nome. Nessuno lo cerca. Nessuno ne rivendica la scomparsa. Per la burocrazia europea era un clandestino. Che avesse solo dieci anni non fa differenza.

Era un clandestino senza documenti. Un passeggero irregolare, si legge in un comunicato della compagnia aerea. Un bambino senza nome, che noi chiameremo il piccolo Yvory, un piccolo principe che muore assiderato su un volo di linea della moderna e civile Europa. Roberto Saviano, su la Repubblica del 9 gennaio c.a. scrive che mentre il personale tecnico stava facendo una ricognizione “ ha notato qualcosa di anomalo, nel carrello. Avvicinandosi ha compreso che c’era qualcuno, immobile: era un cadavere, un piccolo cadavere. Le comunicazioni che citano fonti della polizia francese parlano di un immigrato di una dozzina di anni. Scritto proprio così, d’une dizaine d’annes. La Air France invece conferma la morte di un clandestino.

Sembrano le parole scelte per via di una sorta di accortezza per non turbare il lettore, è invece solo un orrida astuzia per gestirne il drammatico impatto mediatico: non si pronuncia mai la parola bambino”. Così non ci sentiamo in colpa per la nostra indifferenza. Così ci assolviamo dei nostri peccati di non amare il prossimo come noi stessi. Non sappiamo più cosa sia la solidarietà o la compassione, non abbiamo più i valori delle nostre nonne che anche se povere, avevano sempre 5 lire ( quelle di alluminio) da donare in carità. Avevano sempre un tozzo di pane da spezzare e dividere. Ora non ci sono più. Il pane non si spezza più per essere condiviso. Non si dona più una moneta che ha noi non fa la differenza ma a chi ne ha bisogno gli risolve la fame dei loro figli. “ È un bambino ad essere morto. Provate a immaginarvi voi stessi a dieci dodici anni chi eravate, come eravate”.

Il piccolo Yvory è un cardellino assiderato, un cubetto di ghiaccio tra le enormi ruote di un Boeing. Un cardellino implume, rannicchiato su se stesso, con le mani talmente serrate fino a sanguinare. “ Provate a immaginarvi voi stessi, scrive Saviano, a dieci, dodici anni chi eravate. Provate ad avere a tiro di sguardo un bambino di quest’età ma fatelo ora in questo istante, fissatelo. Provate a pronunciare nella vostra testa che ha una dozzina d’anni e provate a descriverlo cittadino o clandestino a seconda dei documenti che presumibilmente possiede. Ora provate a misurare il disgusto che provate per questa metrica descrizione che avete appena usato per definire un bambino”. Il piccolo Yvory, che dal suo villaggio, dove c’è guerra e fame, violenza e sopraffazione, fugge, corre lontano, insegue un sogno di libertà. Il piccolo Yvory, che la mamma è stata violentata dal racket della prostituzione ed ora si trova prigioniera e torturata in un lager libico, di quelli finanziati dall’Italia grazie agli accordi di Minniti prima e Salvini poi. Il piccolo Yvory che non ha nessuno, piange, ha fame, ed è solo.

Non c’è più la mamma che lo accarezzava e gli faceva passare la fame stringendolo tra le braccia. Il piccolo Yvory che ha dieci anni, no una dozzina di anni. Non è un clandestino, è un bambino che sogna di abbracciare la madre che gli accarezza i capelli sporchi e arruffati. Il piccolo Yvory, che vede un aereo fermo, si avvicina, si arrampica sulle enormi ruote, trova posto tra un portellone e una ruota. Non sa che gli aerei volano a diecimila metri di quota e a quell’altezza non c’è ossigeno, non si respira. Non sa che a diecimila metri la temperatura scende sotto i 30 gradi. Il vano dei carrelli non è pressurizzato, non è riscaldato, non è ossigenato. Il piccolo Yvory non lo sa, sogna le carezze della madre che gli facevano passare la fame. La sua tragedia è un atto di accusa contro la nostra indifferenza. Il piccolo Yvory  stringe i denti, si morde la lingua, mentre il freddo lo avvolge, riesce a sognare il volto della madre, che gli sorride, che lo accarezza, che lo stringe al petto e lo riscalda. Sogna, il piccolo Yvory, sogna, mentre muore assiderato dall’indifferenza. Sogna, mentre muore, solo, nel vano di un carrello di aereo. Era solo un bambino.

di Claudio Caldarelli

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