Nessuno ha rapito Emanuela

Salvo

La Cassazione boccia il ricorso contro l’archiviazione.

Il 6 maggio 2016 è stato scritto l’ennesimo capitolo di quel noir infinito quale è il caso di Emanuela Orlandi. La Cassazione ha infatti bocciato il ricorso presentato dalla madre della quindicenne vaticana, che mirava a ribaltare la sentenza di archiviazione emanata lo scorso ottobre. Il tutto mentre un’altra famiglia (i Gregori) si preparava a commemorare il 33esimo anniversario della sparizione di Mirella, l’altra quindicenne romana svanita nel nulla un mese e mezzo prima della Orlandi.

Due lati della stessa medaglia, come messo in luce da più riscontri, i quali però nel tempo si sono diluiti, inevitabilmente, complici i depistaggi e gli indizi privi di fondamento. Uno di questi è andato in onda qualche sera fa, durante la puntata di “Chi l’ha visto?”, quando al telefono si è fatto vivo Ali Agca, più noto come l’attentatore di Papa Wojtyla, che a più riprese ha sottolineato al rapimento per fini di scambio (l’ex terrorista era infatti detenuto in quel giugno 1983).

Secca, però, la replica di Federica Sciarelli: «O ci fornisce le prove, o le sue sono soltanto buffonate». Al suo fianco un sempre più sconsolato Pietro Orlandi, convinto sin da subito delle responsabilità del Vaticano sulla scomparsa della sorella, unita alla sudditanza psicologica dello Stato. La battaglia legale ora si sposta alla Corte di Strasburgo, in Francia, come ha fatto sapere il legale della famiglia, Pietro Sarrocco.

Chissà che però non basti restare in Italia, magari stesso a Roma, per risolvere uno dei misteri più fitti della penisola. Come trapelato nel corso di “Chi l’ha visto?”, c’è infatti chi sembra sapere ma non vuole rivelare. Come don Pietro Vergari, colui che autorizzò la sepoltura del boss della Banda della Magliana Renatino De Pedis all’interno della Basilica S. Apollinare; in un’intercettazione telefonica, don Vergari si rivolge a don Appignanesi (vescovo di Potenza morto lo scorso marzo) per capire come “dribblare” le pressioni sul suo conto.

Non una persona a caso: quel vescovo ha dovuto affrontare il noto caso di Elisa Claps, ritrovata nel 2010 all’interno del sottotetto della chiesa SS. Trinità. Elementi, questi, che a quanto pare non bastano alla giustizia italiana per indagare una verità sempre più lontana dall’essere svelata.

di Massimo Salvo

 

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