In guerra per amore, il ritorno di Pif al cinema

GiusyTra l’impellenza di dover raccontare e spiegare storia, bellezza e marciume della nostra Italia e della sua Sicilia, e il bisogno di volerlo fare, nonostante tutto, attraverso poesia e bellezza, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, torna questo autunno al cinema con un piccolo capolavoro che è In guerra per amore.
Un film che è una dicotomia racchiusa già tutta nel titolo, e nel disincanto con cui il protagonista Arturo, siciliano emigrato in America nel primo dopoguerra, guarda il mondo e vive, da lontano, una guerra di cui poco sa e ancor meno gli interessa, finché, per amore della sua Flora, si arruola e raggiunge la Sicilia insieme agli Alleati che quella terra volevano strappare al fascismo, salvo riconsegnarla, di fatto, ad una mafia rafforzata e legittimata da un popolo democratico. Arturo, nonno ideale del protagonista di La mafia uccide solo d’estate, torna indietro nel tempo e forse al cuore del problema, facendoci aprire gli occhi su un aspetto della Storia che, come Pif stesso ammette nei titoli finali del film, è difficilmente sconosciuta e spesso poco approfondita. La facilità con cui la mafia siciliana si riappropria di potere e consenso in Sicilia alla fine della Seconda Guerra mondiale, viene narrata e spiegata allo spettatore che si ritrova consapevole un po’ alla fine, come Arturo, che ancora una volta vive il dramma del siciliano per cui si deve vivere e combattere tra due guerre, quelle per la propria terra e quelle per salvare il proprio cuore. E tra piccoli e grandi guerre, tra drammi privati e tragedie mondiali, si consuma la vita del tenente Catelli, che una famiglia e un figlio ce li ha, si, ma ama visceralmente la sua terra, al punto da non accettare di sacrificarla e consegnarla ai mafiosi in nome di quella democrazia che ancora è solo una parola dal suono esotico e lontano. Si rafforza e cresce il piccolo Sebastiano, che ha ancora il coraggio di sognare un mondo in cui gli asini volano e soprattutto in cui il suo papà ritorna a casa dalla guerra. E si consuma l’amore di Mimmo e Saro, lo storpio e il cieco di Crisafullo, che sostengono tanto l’amore di Arturo per Flora per tentare di dimenticarsi del loro, ché tanto non è tempo e luogo per raccontarlo al mondo. La storia di Arturo ha già tutta senso dal “C’era una volta” che apre il racconto di Pif, ma lo riacquista quando al dolce e al sogno del film si aggiunge l’amaro della consapevolezza: è metafora della vita, delle nostre vite. È il racconto di un padre al figlio, è ricordarci che no, la mafia non uccide solo d’estate e non uccideva solo in passato. Anche se è quello che a volte, chiudendo gli occhi, vorremmo vedere.

di Giusy Patera

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