The Cambodia Daily
La chiusura di un giornale è sempre il sintomo di una democrazia malata. Sembrerebbe un’affermazione scontata ma spesso gli attacchi del potere alla stampa, accadono anche in Italia, non suscitano reazioni avverse nell’opinione pubblica.
Prendiamo il caso del quotidiano The Cambodia Daily. Pubblicato dal 1993, era uno dei pochi giornali indipendenti del paese asiatico. La sua chiusura forzata non è un fatto estemporaneo ma s’inserisce in un quadro di deterioramento della libertà d’espressione, di associazione e di riunione in corso da anni nel Regno di Cambogia.
Il Cambodia Daily ha cessato le pubblicazioni a seguito di una controversia fiscale da 6,3 milioni di dollari.
Deborah Krisher-Steele, proprietaria del giornale, ha respinto le accuse come “infondate e discriminatorie” e affermato che “Il potere fiscale è il potere di distruggere e il governo cambogiano ha distrutto la Cambodia Daily”.
Qualche giorno prima il capo dell’esecutivo Hun Sen aveva descritto gli editori come “ladri” e li aveva intimati a pagare il dovuto o a “imballare e andarsene”.
La chiusura del giornale, così come l’arresto per tradimento e collusione con gli USA di Kem Sokha, il leader del partito di opposizione, costituisce un “passaggio” della campagna elettorale in vista delle elezioni che si terranno nel paese il prossimo anno.
L’attuale primo ministro, al suo quarto incarico e uomo forte della Cambogia, è Hun Sen. Ex khmer rosso, che in seguito si oppose a Pol Pot, e fondatore del partito popolare cambogiano (PPC), governa un paese nel quale dilagano corruzione e mafia politica. Una corruzione che investe la classe politica, quella militare e la magistratura.
Grazie all’elargizione di favori, o attraverso le minacce, il partito di Hun Sen ha costruito e conservato il potere. Nell’azione di governo il PPC manipola senza scrupolo la legge per raggiungere i propri obiettivi e non è raro che membri dell’esecutivo, dell’esercito e della polizia siano coinvolti nell’ambito del traffico di narcotici e nel riciclaggio del denaro sporco.
Una delle decisioni politiche che più ha alienato consensi al partito di governo è l’aver dato, nel 2007, il via libera alla vendita di spiagge sulla terraferma.
Già a marzo dell’anno successivo tutta la costa accessibile e sabbiosa era diventata di proprietà privata.
Ad agosto del 2008, ben il 45% dell’intero territorio cambogiano era stato venduto.
Le terre dei contadini e dei pescatori sono state cedute a società straniere senza il consenso dei residenti e gli sgomberi forzati e le confische dei terreni hanno colpito migliaia di persone cacciate dalle loro case. Chi contrasta l’azione delle forze di sicurezza, siano membri dei partiti di opposizione, sindacalisti, ambientalisti, attivisti e giornalisti, è minacciato e ucciso.
Amnesty International sostiene che in Cambogia la violazione dei diritti umani in Cambogia è sistematica.
Certo, nel nostro paese la situazione è molto diversa ma, quando qualcuno dotato di potere, fa affermazioni contro stampa e giornalismo, di qualunque orientamento e colore, meglio non prenderle come fossero battute.
di Enrico Ceci