ANCORA UNA VOLTA TESTIMONIO CONTRO CHI MI VUOLE MORTO

Ed eccoci qua, ancora una volta, a testimoniare contro chi mi ha condannato a morte. Contro chi, a modo suo, ha voluto farmi “capire” che dovevo smetterla di denunciare, contro chi mi ha scritto che “mi avrebbe accecato con le dita” e che “anche se lo arrestano c’è chi viene a cercarti”.


Parlo del boss Venerando Lauretta, già condannato per mafia (e per una lunga sfilza di altri reati) per l’appartenenza al clan di Vittoria.
Avevo denunciato le sue (come quelle degli altri) attività illecite e mafiose, mesi dopo le autorità competenti le avevano chiuse e la reazione fu drammatica: “metterò il tuo cuore in padella e lo mangerò, sarò dietro la tua porta anche se non vali il prezzo del biglietto” aveva scritto il boss mafioso di Vittoria, “anche se mi arrestano c’è chi viene a cercarti”.
Oggi sarò nuovamente in quest’aula del Tribunale di Ragusa, a testimoniare perché chi cerca di fare solo il proprio lavoro non deve temere nulla. A testimoniare che non mi arrendo, nonostante la tanta paura, alle minacce. Perché è più forte una penna di una pistola.


Spero serva, spero che la gente capisca come si debba credere nella Giustizia e chi sbaglia, chi minaccia, chi delinque…alla fine paga.
Io sono qui, racconterò tutto, ripercorrerò anni di minacce, di aggressioni fisiche, di intimidazioni, con una spalla che (menomata) chiede Giustizia: ancora una volta.
Ringrazio la Fnsi, l’Ordine dei Giornalisti, l’UsigRai, la Cgil, l’Antiracket che si sono stretti accanto a me. Ringrazio chi mi è accanto, per rendere quest’aula di Tribunale meno dura da affrontare.
Cari amici, pensatemi, ho bisogno del Vostro affetto, ho bisogno di sentirvi accanto.

di Paolo Borrometi